Le incognite dell’estate

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2019

Dopo quella del 2019 si preannuncia un’altra estate calda per la politica italiana, in parte con gli stessi protagonisti di un anno fa, ma in ruoli diversi e con diversi copioni da recitare. Effervescente, esuberante, tutta giocata alla luce del sole, nelle spiagge e nelle piazze la prima; fredda, sorniona, suadente quella che si preannuncia, egualmente pronta a regalare colpi di scena imprevedibili ma con una tattica che è l’opposto di quella già sperimentata, che come è noto non andò a buon fine. Al centro della scena, oggi come ieri, c’è Matteo Salvini, che persegue l’obiettivo di sempre: far cadere il governo e andare alle elezioni, convito di vincerle. L’esperienza del passato dovrebbe averlo fatto ragionare sui limiti di una strategia che già una volta si è scontrata con la complessità del sistema politico italiano. Dall’agosto di un anno fa ad oggi ha perso nei sondaggi e nel favore degli italiani un buon dieci per cento di consensi, e con essi l’illusione di poter dare una spallata al governo sull’onda della musica rock del Papeete; ed ecco che cambia tattica: almeno per ora diserta le spiagge e frequenta i corridoi delle Camere, soprattutto quelli del Senato, dove recluta parlamentari insoddisfatti o preoccupati per il (loro) futuro. Ne ha già convinti diversi; pensa che con altri tre o quattro pronti a passare dalla sua parte o comunque a voltare le spalle all’esecutivo, potrebbe vincere la partita. Dunque si muove nell’ombra, con argomenti che poco hanno di politico e molto di convenienza. Pesca nelle file dei Cinque Stelle, con molti dei quali si è trovato benissimo quando era a palazzo Chigi e al Viminale e lanciava parole d’ordine contro l’Europa, contro i migranti, contro ogni minaccia, anche inventata, alla sicurezza degli italiani.

La diversa strategia richiede un’accurata scelta dei tempi e una costante motivazione delle truppe. L’appuntamento è verso metà mese, quando Giuseppe Conte andrà (finalmente) alle Camere per chiedere un voto su un documento che lo accompagnerà alla trattativa con l’Europa sugli aiuti destinati a finanziare l’uscita dalla crisi sanitaria e dalle sue devastanti conseguenze economiche. Il presidente del Consiglio ha finora prudentemente ritardato il confronto parlamentare, ben sapendo che la sua maggioranza non è compatta: tra i grillini la diffidenza verso Bruxelles è ancora forte, pronta a tramutarsi in aperta ostilità di fronte alla scelta se accettare o meno i finanziamenti del Fondo salva Stati, già disponibili ma sospetti di trascinare con sé una minaccia alla sovranità nazionale. La non nascosta ostilità verso i paesi spendaccioni del Sud Europa di alcuni dei virtuosi del Nord, Olanda in testa, favorisce il gioco di Salvini, che però deve fare i conti con la disponibilità di Berlusconi e dei suoi a fornire truppe di rincalzo al governo, in caso di necessità. Ecco la questione del controllo sulla coalizione. Se dovesse andar male la battaglia sul voto europeo, c’è già pronta la rivincita, con le regionali di settembre, alle quali il centrodestra si presenta compatto, mentre Pd e Cinque Stelle stentato a mettersi d’accordo su candidati comuni, invano sollecitati da Conte che vede bene i rischi di una competizione sulla quale non può far pesare il consenso crescente che lo premia come capo del governo ma non come leader politico. Un’estate a più incognite.

di Guido Bossa