Le tante facce di un voto

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Non smetterò mai di credere, benché sia rimasto deluso più volte, che per il cittadino l’occasione di recarsi alle urne sia imperdibile. E’ un grande dovere civico che consente di confermare o cambiare la propria opinione su chi, e in che modo, ha onorato il mandato ricevuto. Questo è, a mio avviso, il senso della partecipazione democratica. Dare un sereno giudizio dipende da alcuni imprescindibili elementi valoriali: la questione morale nell’intento chi si candida; i propositi che si manifestano in caso di successo; l’interesse generale che muove il candidato a rappresentare la propria comunità e, non ultimo, la coerenza come garanzia contro il trasformismo. Altre considerazioni si potrebbero fare, ma credo che esse siano ricomprese in quelle già esposte.

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Per quanto riguarda la questione morale non v’è dubbio che l’esercizio del voto da parte del cittadino è spesso condizionato dal suo stato di bisogno che lo rende prigioniero rispetto ad una obiettiva valutazione. La richiesta di un posto di lavoro, il desiderio di sentirsi garantiti anche in caso di errori possibili, la protezione contro il principio dei diritti e dei doveri sono alcune condizioni che “legittimano” il cosiddetto voto di scambio che inquina e vanifica il desiderio di una moralità pubblica. Allargando la riflessione si può giungere fino alla corruzione, l’altra faccia del clientelismo che penalizza i meritevoli e premia gli incapaci. I demagoghi usano, con grande abilità, la strumentalizzazione del bisogno per accaparrarsi il consenso. Mostrano i muscoli per nascondere il loro disegno perverso.

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Con il passare del tempo è crollato anche quel modo di confrontarsi con il cittadino sulle esigenze programmatiche utili a migliorare la vita dell’ente al quale s’intende accedere. La partita, purtroppo, si gioca, come i fatti dimostrano in questo avvio di campagna elettorale, sul personalismo, sulle ingiurie e le offese, giungendo così più alla “pancia” dell’elettore che alla sua mente. Più avanza la barbarie più si perde il valore del significato del voto. La degenerazione politica che ha favorito il populismo è figlia di una improvvisazione che anche i media, talvolta partigiani e collusi, contribuiscono ad alimentare. Si vota, in sostanza, non per un progetto e più proposte, ma solo per alimentare le condizioni della gestione del potere. Ci sarebbe, invece, grande urgenza di affrontare il tema di una riforma del regionalismo a mezzo secolo dalla istituzioni delle Regioni. E’, d’altra parte, evidente che la stessa alternanza nella gestione del potere non fa riferimento al bilancio di ciò che si è fatto nel corso della legislatura, ma alla sfrontataggine di mettere insieme chi può disporre di pacchetti di voto, talvolta anche minimi, se non proprio inquinanti. In questo scenario si collocano i cosiddetti “patti scellerati” da onorare da parte di chi ottiene il successo.

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Continuando nel ragionamento occorre chiedersi quale sia il motivo che porta alla candidatura. La legittima ambizione è comprensibile in caso di desiderio di poter dare il proprio contributo per migliorare la realtà che non sempre soddisfa e per mettere a disposizione la propria competenza, a tutela di un particolare settore della vita sociale. Ma è proprio così o, invece, la candidatura è solo un anello di un sistema che non garantisce l’interesse generale ma fa acquisire privilegi e protezioni, anche in caso di insuccesso? La crisi della politica e il decadimento della pubblica moralità inducono a pensare che l’ostinazione di alcuni a candidarsi comunque dipenda dal fatto di assicurare vantaggi in particolari interessi che possono identificarsi nei cosiddetti comitati di affari. In alcune alleanze il disegno è abbastanza chiaro. I nomi, in questi casi, contano più dei silenzi. Il fatto è oltremodo grave. Se i rappresentanti di un comitato di affari sono portatori di voti per il capo di una coalizione dove finisce la necessità di trasparenza? Dovrebbe essere il leader della coalizione a dichiarare di non accettare quei voti sospetti. Un pizzico di utopia fa bene al pensiero .

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In conclusione. Alla vigilia del turno elettorale per le regionali il tema della coerenza politica è, purtroppo, solo un ricordo. Il trasformismo, in realtà, si è sempre presentato con il suo volto inquinante in tutte le competizioni elettorali nel corso dei secoli. Ciò che oggi lo distingue dal passato è l’incallita offesa della coerenza. Non si cambia casacca sulla base di un ideale tradito, ma per garantirsi una collocazione nella gestione del potere. E’ grave che a testimoniare questa barbarie sia chi, esercitando un ruolo di rappresentanza per conto di un partito, rinneghi quella sua scelta.

di Gianni Festa