L’eterna lotta tra il bene e il male nel rito del Volo dell’Angelo

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L’eterna lotta tra il bene e il male, antico e convenzionale simbolo della religiosità popolare, va in scena nella tarda mattinata di oggi a Gesualdo. Si tratta del tradizionale << Volo dell’Angelo>>, un secolare rito devozionale che rappresenta il momento più alto della spiritualità comunitaria del piccolo borgo irpino. E’ un atto collettivo di fede che si perpetua ogni anno, da oltre duecento anni, tradizionalmente l’ultima domenica di agosto. La manifestazione è organizzata in occasione dei festeggiamenti in onore di San Vincenzo Ferreri, il santo di origine spagnola vissuto tra la fine del Medio Evo e gli albori dell’Umanesimo, in un periodo di feroce rivalità tra impero e papato, e famoso per la sua instancabile attività di predicazione e di riconciliazione tra le genti d’Europa. Qui il << Volo dell’Angelo >> è parte integrante di un complesso rituale che si realizza in forma di sacra rappresentazione e che ha come perno il conflitto tra l’arcangelo Michele e Lucifero. L’appuntamento è subito dopo mezzogiorno, al termine della messa solenne officiata in onore del Santo taumaturgo, nello spettacolare contesto coreografico di piazza Neviera, autentica bomboniera inserita tra le antiche mura del maniero medioevale e il sagrato della chiesa del S.S. Rosario. In questo scenario, reso palpitante ed incantevole dall’intensa partecipazione emotiva di oltre diecimila persone, un <angelo> fa la sua comparsa sulla terra: è come un’apparizione mistica che risplende sulla piazza dove la popolazione è orgogliosamente a testa alta per assistere al volo sacro. L’angelo è un ragazzino, il quale veste i panni del messaggero del Verbo Divino. Legato con una speciale imbracatura ad una fune d’acciaio, tesa fra il bastione del castello e il campanile della cinquecentesca chiesa dei Domenicani, il bambino-angelo percorrerà un tragitto di oltre 100 metri, ad una altezza di circa 30 metri nel punto più alto, con l’ausilio di un gancio di sicurezza scorrevole. Unica sosta al centro della piazza, dove nel frattempo è stata portata dalla chiesa del Rosario la bellissima statua di San Vincenzo e collocata di fronte al catafalco su cui il diavolo si esibirà nei suoi nefandi propositi. Quando arriva al culmine dell’altezza, l’angelo appare come una piccola macchia bianco-rosa che si libra sulla gente e sul diavolo con le sue dolci e suadenti parole. Secondo lo schema della scenografia tradizionale, infatti, l’angelo in principio si rivolge con toni confidenzialmente colloquiali al Santo e al suo popolo ( “ O glorioso San Vincenzo…” ) e poi, agitando la spada, si rivolge con durezza al diavolo ( “… a dispetto di Satana e di tutto l’inferno!” ). Chiamato in causa, Lucifero emerge dal sottosuolo con tutta la chiassosa e pirotecnica esuberanza materiale della sua officina del male. E tosto lancia una diabolica sfida all’angelo, al Santo e al mondo intero, tessendo, con tentazioni ardite e false promesse, una fitta trama di lusinghe, inganni e minacce. Il diavolo sollecita le corde del peccato: la superbia, la vanagloria e la concupiscenza della gola e della carne. Lo scontro con l’angelo si fa feroce ed avvincente, e si protrae per circa mezz’ora. L’angelo gioca col demone e alla fine lo brucia. Dopo un lungo e acceso duello verbale, il primo round si conclude con la vittoria dell’angelo sul diavolo che, avendo inutilmente menato vanto della sua potenza terrena, si inabissa nelle viscere della terra, da dove era venuto, insieme alle sue pestifere insinuazioni. La fede in Dio e nel taumaturgo San Vincenzo Ferreri ha sparigliato i calcoli del maligno e l’angelo, nel tripudio festante e plaudente degli astanti, libera la comunità dal potere di Satana e continua il suo volo fino al campanile. E’ lo scontato trionfo del bene sul male. E’ l’apoteosi dell’arcangelo Michele che, dall’alto, trionfa sulle contrade gesualdine e sul popolo. L’immensa devozione con la quale una folla enorme, accorsa da tutte le contrade del paese e dai comuni limitrofi, partecipa all’avvenimento è esaltante a vedersi. Per ogni gesualdino, in particolare, assistere al rito equivale a ribadire il senso di appartenenza alla propria comunità. Il senso originario del << Volo dell’Angelo>> non è venuto meno in questi anni difficili, anzi si è irrobustito ancora e si è innestato nelle nuove generazioni. Ma la festa di San Vincenzo non è solo il “ Volo dell’Angelo”, è anche la festa degli emigranti che, in questo giorno, ritornano al paese d’origine per visitare case e parenti. E’ anche la festa del grano, un rituale per ringraziare il Santo dell’abbondante raccolto. E’ anche la festa dei bambini che nel bambino-angelo, questo guerriero celeste che combatte da solo e per conto di tutti contro il male, trovano l’amorevole protettore della loro innocenza. Per tutti questi motivi, la festa di San Vincenzo è da sempre molto cara al popolo gesualdino. Dopo le abbondanti libagioni del pomeriggio, a tarda sera la processione del Santo predicatore attraversa tutte le strade del paese e si conclude con una messa solenne, celebrata sul sagrato della chiesa del S.S. Rosario che sovrasta la folla accalcata nella piazza, dopo che il simbolo dell’innocenza rientra al cielo, facendo a ritroso il tragitto della mattina, dal campanile al castello, simbolo della grazia di Dio discesa ora sugli uomini. Il bambino-angelo, durante il viaggio serale di ritorno, si fa latore delle benedizioni divine sulle contrade gesualdine ( “…in nome di Dio benedico le vostre anime, i vostri corpi, benedico le vostre campagne, le vostre case, i vostri parenti…” ) e dall’alto lancia coriandoli e fiori sulla folla entusiasta, mentre dal campanile partono in volo decine e decine di colombe bianche. Il rientro dell’angelo viene salutato dalla folla con applausi scroscianti che fanno sussultare la piazza, l’antico maniero e la chiesa del Rosario. Oggi per tutti i gesualdini, credenti e non credenti, è un grande giorno.

Di Quirino De Rienzo