L’Europa del filo spinato

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E’ morto. Ed era un bambino di un anno appena. E’ morto solo e piangente, ma nessuno ha sentito il suo pianto. Non si sa dove sia: è stato dimenticato in una cupa e gelida foresta della Bielorussia, ai confini con la Polonia. E’ morto quel bambino venuto in un mondo che non si è curato di salvarlo dal freddo crudele che lo stringeva in una morsa senza scampo, ne fermava il cuore e ne ghiacciava gli occhi spalancati al cielo senza luce. Cercava, il suo sguardo, con un dolore che non ha nome, il volto della madre, il calore del suo petto che lo stringeva a sé. I soldati polacchi, visti i suoi genitori gravemente feriti in uno scontro tra loro e le guardie di frontiera bielorusse, li hanno trasportati in un ospedale, ignorando l’esistenza del loro figlioletto, che era a poca distanza. E’ morto quel bambino, di cui non so il nome, che era venuto dalla Siria con il padre e la madre, fuggiti dall’inferno e della disperazione di una guerra civile che semina distruzione e morte ed ormai non avrà fine fino a quando non lo vorranno i potenti della terra in contesa tra loro.
E’ morto quel bambino con altri cento, anzi migliaia di bambini e ragazzi migranti che dormono con i pesci in fondo al Mediterraneo, dopo che il naufragio delle loro fatiscenti barche ha fatto naufragare. inghiottendo le loro vite, il sogno di una terra ospitale, quella nostra, che guarda dall’altra sponda all’Africa martoriata e in fiamme. Questa tragedia, tra i suoi troppi effetti perversi, ha avuto anche quello di diventare strumento di guerra fredda tra gli Stati dell’Europa dell’Est. Da un lato, il tiranno della Bielorussia Lukashenko, protetto dallo zar Putin, ha compiuto il gesto cinico di far giungere ai confini della Polonia migliaia di profughi provenienti dai paesi afro-asiatici in guerra, con la promessa che avrebbero trovato accoglienza e nuova patria in Europa, passando per la Polonia. Dall’altro lato, Mateusz Marawiecki, capo del governo della già cattolicissima Polonia, anch’egli cinicamente incurante di un così grave dramma umanitario, ha fatto erigere lungo quel confine decine di chilometri di filo spinato e ha schierato le truppe in assetto di guerra per impedire l’ingresso dei migranti. Rendendo anche quanto mai difficile l’opera di soccorso delle ONG alla massa dei disperati accampati lungo il confine e ridotti in condizioni di vita oltre ogni limite umano.
E la ricca, opulenta e democratica Europa, che fa? Nulla. Se si prescinde dall’accorata e anche sdegnata voce di protesta di papa Francesco e del presidente Mattarella, tutto tace, nessuno muove un dito, tranne che per autorizzare, da parte dell’UE, la Polonia a costruire un muro al confine con la Bielorussia. La politica dei muri continua anche dopo la caduta del Muro di Berlino in quel novembre 1989, che sembrava preludere a una primavera dei popoli viventi in pace, libertà, fratellanza. Non c’è dubbio: nell’Europa dominata dalle multinazionali, di cui i governi sono “i comitati d’affari”, non c’è spazio per il senso umano, per l’“Humanum”, che è il cuore che ragiona, la ragione che ha cuore, le cui leggi precedono la divinità stessa o, se si vuole, il “creator spiritus”, che è il Cristo vivente in ogni uomo, che è individuo e comunità insieme.

P.S. Quest’articolo è stato scritto in ricordo delle vittime del terremoto del 23 novembre 1980 e di mia madre, che non c’è più.

di Luigi Anzalone