L’incognita Partito Democratico

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Se siamo arrivati al punto che l’Italia possa finire nelle mani della peggiore destra di Salvini, un geniale pataccaro alla Vanna Marchi, razzista, xenofobo, anti euro e antieuropeo, che disprezza palesemente le Istituzioni, i “giornaloni” (Repubblica e Corriere della sera), che divide e aizza all’odio sociale i penultimi (gli italiani poveri) contro gli ultimi (immigrati), molta colpa è anche del partito democratico. Quello di Renzi, – s’intende- altro pataccaro che, dopo aver portato il partito al 40% nelle elezioni europee del 2014 dietro l’abbaglio della rottamazione e degli ottanta euro, inanellò una serie di sconfitte culminate nella rovinosa disfatta del referendum sulla riforma costituzionale, che aveva pensato e fatto approvare per consolidare il suo potere personale. Per lo stesso motivo aveva fatto approvare una sciagurata legge elettorale (il rosatellum), che rischia, invece, di consegnare tutto il potere – e per molti anni- a Salvini che, da solo o con la alleata Meloni, potrebbe legiferare a suo piacimento scardinando le regole della democrazia parlamentare ed eleggere il prossimo Presidente della Repubblica. Pur avendo giurato di lasciare la politica attiva, Renzi sta ancora lì, con i suoi molti deputati dei gruppi parlamentari che controlla, a mettere i bastoni tra le ruote al segretario Zingaretti (da ultimo ha presentato una sua mozione di sfiducia contro Salvini, che si contrappone a quella di Zingaretti che, faticosamente e molto lentamente, sta cercando di risalire la china. E se oggi ci ritroviamo il peggior governo che mai abbia avuto la Repubblica il merito (?) è ancora suo, perché impedì, sul nascere, qualsiasi colloquio con i 5 stelle che, rispetto alla Lega, sono sicuramente il male minore. Disse di voler aspettare il loro tracollo mangiando pop corn, mai immaginando lo strepitoso successo di un Salvini che, quanto a comunicazione sa confezionare e vendere patacche come nessun altro. Il Pd, anche per colpa sua, non riesce a portarsi fuori dal guado, condizionato dalle cento anime che lo compongono e che non riescono mai a trovare una sintesi. Attraversa una crisi di identità difficile e complessa perché c’ è chi tende ad andare da una parte e chi dall’altra. E’ in preda a divisioni, correnti, veti e contro veti, fuoco amico, interviste e comportamenti fuori da ogni intesa con Zingaretti (da ultimo la visita di Gasparotto nel carcere di Rebibbia ai ragazzi americani che hanno ucciso il carabiniere Rega, l’incarico a Gozi da parte di Macron, il muoversi di Emiliano a titolo personale, per la prossima competizione regionale) che attanagliano il partito perpetuando all’infinito quella sindrome di Tafazzi che si porta dietro da sempre. Il PD non ha molto tempo per cambiare volto e strategia. Deve farlo subito e in maniera radicale, senza infognarsi in una campagna di ascolto, perché le cause della disaffezione dei suoi ex elettori sono note a tutti e i rimedi da approntare, individuabili. Lavoro, scuola, investimenti, sono parole vuote se non si riempiono di contenuti e di proposte concrete, chiare e comprensibili al grande pubblico. Il PD, tutti quelli del Pd, dovrebbero dire, ad una voce, come intendono gestire l’immigrazione, cosa intendono fare per il Sud, che continua a spopolarsi e a sprofondare nella miseria e nell’emarginazione, come combattere le disuguaglianze e tirar fuori l’Italia dalle secche del declino. Devono dire cosa pensano dell’autonomia differenziata e se stanno con il governatore dell’Emilia Romagna che si è accodato a Zaia e Fontana o con il Sud che viene penalizzato irrimediabilmente. Devono dire se le due anime, quella che tende verso sinistra e quella che tende verso destra possono ancora coesistere e se non è arrivato il tempo di cambiare perfino il nome e non trattenere chi non ci sta e impedisce il cambiamento. Magari cambiando assetto alla formula partito e formando una federazione (Alternativa democratica?) tra tutti quei partiti e movimenti della società civile che si oppongono alla deriva democratica che si preparerebbe con l’avvento di Salvini. Renzi dovrebbe fare storia a sé e magari riunire i vari centri da Forza Italia o “L’altra Italia”, nuova creazione di Berlusconi ai vari movimenti del nuovo (vecchio!) popolarismo dei nostri Gargani, De Mita, e alla DC di Rotondi. Il resto del partito dovrebbe recuperare quelli che stanno a sinistra, a cominciare da Bersani e Fratoianni e a tutti coloro che si astengono dal voto perché delusi. Dovrebbe fare chiarezza al sud dove impera ancora il clientelismo e imperversa la criminalità organizzata. Dovrebbe fare piazza pulita dei vari boss alla De Luca che non risolvono i problemi e parlano con saccenteria ed arroganza. Senza coraggio, senza uno scatto di reni e un capovolgimento radicale delle abitudini del passato, non si esce dal tunnel e non eviteremo una probabile deriva autoritaria.

di Nino Lanzetta