L’Irpinia, il Pd e il metodo Draghi

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Lo spettacolo indecente che sta offrendo il Pd in Irpinia è davvero insopportabile. Non c’è storia nel passato che possa essere ad esso paragonato. Non c’è politica, ci sono i guappi. Sono gli ultimi arrivati, clientelari e trasformisti, che comprano le tessere con i soldi degli altri. Anche di chi, con assoluta complicità, sta comprando la città con una azione di speculazione talmente invasiva che offende la storia civile di Avellino. Indigna l’impotenza di chi dovrebbe reagire e invece offre il proprio silenzio e la disinformazione accattivante per affari personali e familistici.

Aveva ragione, purtroppo, anche Ciriaco De Mita, protagonista di tante battaglie politiche, a volte solo finalizzate alla conquista del potere, ad affermare che il Pd “Non esiste”. Anche se forse avrebbe potuto dare una mano nel selezionare una classe dirigente affinchè in Irpinia il Pd potesse diventare un punto di riferimento per i tanti che credevano in questo progetto politico. Oggi non c’è un partito, ci sono solisti che mirano alle poltrone. Gli iscritti sono frastornati. Vorrebbero mollare perchè si sentono presi in giro, ma sperano in una presa di coscienza che potrebbe cambiare le cose. E’ difficile perchè l’Irpinia del tempo che ci è dato vivere è colonizzata.

Dal governatore De Luca che vede genuflessi i consiglieri regionali irpini al suo volere e anche del proprio figliolo. Dall’ex sottosegretario Umberto Del Basso De Caro che, potendo, scorazza nel territorio irpino seguito da un manipolo di ex di tutto alla ricerca di mance.

Quadro desolante di un partito che per due anni è stato gestito da un commissario- segretario, Aldo Cennamo, galantuomo sì, anche di grande esperienza politica, ma inconcludente nell’assumere decisioni. O forse stanco e distratto dalle polemicucce quotidiane di un partito fantasma. In realtà, la disunità (nonostante gli appelli dell’ex senatore Enzo DeLuca), le lotte intestine (vedi l’ultima tra Petracca e Petitto nella vicenda dell’elezione del presidente Asi) conducono ad una irresponsabilità non solo della politica, ma soprattutto per il futuro dell’Irpinia chiamata a una straordinaria prova di unità alla vigilia dell’assegnazione dei fondi europei con il Recovery fund. Anche qui: balbettii, protagonismi individuali, idee faraoniche, progetti irrealizzabili inondano il territorio mentre la stessa Regione Campania penalizza le zone interne. Può andare avanti così? No, Non può, non deve. Occorre mettere fuori dal tempio i sanguisuga che ammazzano le speranze degli irpini; occorre ritrovare l’orgoglio dell’identità di una provincia e del suo capoluogo di nobili tradizioni soprattutto della classe dirigente; valorizzare i tanti amministratori che si battono, tra mille difficoltà per dare il loro contributo per la crescita civile della provincia.

So bene che ci sono dei fermenti che la pensano allo stesso modo. Penso ai giovani dei movimenti che agiscono nel capoluogo, a Controvento, ad alcuni riferimenti dotati di grande autonomia. Purtroppo il loro volo stenta a decollare. Ci vorrebbe un Draghi, come quello di origini familiari di Monteverde per dare un senso alla politica irpina, come sta facendo con i partiti nazionali chiamati a confrontarsi sui fatti e non sulle polemiche che eludono la realtà.

di Gianni Festa