L’Onu e il tabù delle armi nucleari

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I dibattiti balneari avviati in questo scorcio d’estate ci hanno fatto assistere ad una titanica contesa fra il Pde il Movimento 5 Stelle per intestarsi il merito della riforma che taglierà retroattivamente le pensioni agli ex parlamentari, mentre sul fronte governativo si odono squilli di tromba in preparazione di una nuova avventura militare per bloccare sul bagnasciuga libico l’in vasione dei migranti in fuga dall’Africa. Peccato che nessuno si sia accorto che il 7 luglio si è verificato un evento storico che riguarda tutta l’umanità. La conferenza della Nazioni Unite, convocata a seguito della risoluzione adottata dall’Assemblea Generale il 26 dicembre del 2016, ha adottato il testo di un Trattato per la messa al bando e la totale eliminazione delle armi nucleari. Il trattato è stato approvato da 122 paesi (quasi due terzi dei membri dell’ONU), con un solo voto contrario (l’Olanda) ed un solo astenuto. Il tabù delle armi nucleari,che si è formato nell’opinione pubblica dopo la bomba di Hiroshima e che ha impedito sinora l’uso bellico delle armi nucleari, attraverso l’ONU,ha fatto uno straordinario passo avanti, perché si è trasformato in una vera e propria interdizione giuridica, in una delegittimazione radicale delle armi atomiche,che mira a liberare finalmente l’umanità dal ricatto e dalla minaccia di estinzione che deriva dalle armi nucleari. Nel preambolo del Trattato, gli Stati contraenti si dichiarano: “Profondamente preoccupati delle catastrofiche conseguenze umanitarie che deriverebbero da qualsiasi uso di armi nucleari(..) Consapevoli che le conseguenze catastrofiche delle armi nucleari non possono essere adeguatamente affrontate, trascendono le frontiere nazionali, comportano gravi implicazioni per la sopravvivenza umana, l’ambiente, lo sviluppo socioeconomico, l’economia globale,la sicurezza alimentare e la salute delle generazioni attuali e future”Riconoscono che gli imperativi etici per il disarmo nucleare e l’urgenza di raggiungere e mantenere un mondo libero da armi nucleari costituiscono “un bene pubblico globale del più alto ordine”Riaffermano che “qualsiasi uso di armi nucleari sarebbe ripugnante rispetto ai principi dell’umanità e ai dettami della coscienza pubblica”. L’art. 1 del Trattato statuisce che: Ciascuno Stato Parte si impegna, in qualsiasi circostanza, a non: (a) Sviluppare, testare, produrre, produrre,oppure acquisire,possedere o possedere riserve di armi nucleari o altri dispositivi esplosivi nucleari; (b) Trasferire a qualsiasi destinatario qualunque arma nucleare o altri dispositivi esplosivi nucleari o il controllo su tali armi o dispositivi esplosivi,direttamente o indirettamente; (c) Ricevere il trasferimento o il controllo delle armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari, direttamente o indirettamente; (d) Utilizzare o minacciare l’uso di armi nucleari odi altri dispositivi esplosivi nucleari (..) (g) Consentire qualsiasi dislocazione, installazione o diffusione di armi nucleari o di altri dispositivi esplosivi nucleari sul proprio territorio o in qualsiasi luogo sotto la propria giurisdizione o controllo. Il trattato entrerà in vigore dopo essere stato ratificato daalmeno50 paesi. La decisione di realizzare un Trattato per la messa al bando delle armi nucleari naturalmente non è piaciuta alle potenze nucleari che l’hanno ostacolata, addirittura rifiutandosi di partecipare alla conferenza indetta dall’ONU. Curiosamente anche l’Italia ha boicottato la Conferenza: evidentemente il mite Gentiloni si è innamorato della bomba atomica, oppure non vuol perdere il “diritto”di consentire agli Stati Uniti di dislocare armi nucleari nel nostro paese. In realtà l’Italia si è adeguata alla disciplina che è stata imposta dalla Nato, che contemplala strategia nucleare fra i propri utensili e non ha alcuna intenzione di rinunziarvi. Quello che è inaccettabile è che una scelta così gravida di conseguenze per il destino del genere umano sia adottata in sordina, senza che nessuno ne venga chiamato a rispondere dinanzi al popolo italiano. Forse sarebbe opportuno che in Parlamento qualche volta si parlasse di politica.

di Domenico Gallo (edito dal Quotidiano del Sud)