L’ora della responsabilità

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Di Gianni Festa

I sindaci passano, la città resta. E’ su questa che bisogna lavorare per ridarle prestigio, restituendole il maltolto. E laddove siano stati commessi errori, ripristinando la legalità perduta. Da tempo ad Avellino si era smarrito il clima della serenità amministrativa, con un vociare che negli ultimi giorni ha dato vita a un continuo susseguirsi di boatos. Non è questa l’ora della speculazione su persone e fatti che sono al vaglio degli organi inquirenti. Da sempre, e lo ribadiamo oggi, questa testata è stata rispettosa del principio secondo cui ogni persona indagata è da ritenersi innocente fino ad emissione di sentenza definitiva. E seguendo questa stella polare, pur comprendendo l’immenso triste momento che attraversano l’ex sindaco Gianluca Festa e i suoi sodali coinvolti nell’inchiesta “Dolce vita”, non possiamo non ricordare il detto latino secondo cui “homo faber fortunae suae”. In realtà, come documentiamo nelle pagine che seguono, dovendo esaminare il percorso amministrativo dell’ex sindaco e della sua giunta, il risultato è a dir poco insoddisfacente. Molti annunci, poche opere portate a compimento, mentre sull’onda di un populismo accattivante, con manifestazioni canore e di vario intrattenimento, faceva crescere il suo consenso elettorale. Tutto questo a danno dei reali bisogni di una città ancora ferita, rimasta senza risposte e penalizzata dai ritardi per l’attuazione del piano di zona a sostegno degli emarginati (lotta alla droga, provvedimenti per la popolazione anziana, disabili e altre fasce a rischio), da una querelle mortificante per l’assegnazione degli incarichi per interventi della gestione ordinaria (strade diventate crateri, ecc) che hanno comportato sempre più un irrituale modo di amministrare nell’interesse del bene comune. Da parte nostra non abbiamo mai mancato di denunciare lo stato di disagio che attraversava la città che andava man mano cambiando pelle. Lo abbiamo fatto confrontandoci con le Istituzioni a cui abbiamo consegnato le nostre preoccupazioni, denunciando un clima omertoso fatto di silenzi inquietanti, di complicità, fino a far prefigurare la nascita dei cosiddetti comitati di affari. In questo percorso di richiesta di legalità abbiamo sempre sentito vicini il prefetto di Avellino, Paola Spena, i rappresentanti delle forze dell’ordine e, soprattutto la Procura guidata da Airoma. Lo abbiamo fatto gettando uno sguardo costante sulla città mentre su di essa continua a cadere una colata di cemento che offre possibili improvvisi arricchimenti, mentre non si escludono clan dai colletti bianchi che hanno reso praticabili infiltrazioni della criminalità organizzata in quella che era un’isola felice nella complessa realtà della Campania. E andremo avanti su questa strada per contribuire a restituire la città agli Avellinesi. Ma questa è l’ora della responsabilità. La città ha davanti a sé un delicato turno elettorale. Le forze che saranno in campo hanno il dovere di evitare strumentalizzazioni e di non fare di questa drammatica vicenda un uso improprio nella richiesta del consenso. Anzi è doveroso recuperare quel senso della politica propriamente detta, in cui programma e moralità erano riferimento dei cittadini. Già, la politica. Deve saper volare alto, come è stato nella nobilissima tradizione di questa nostra Irpinia e del suo capoluogo. Si torni a quel laboratorio di idee che con personaggi di grande rilievo, protagonisti di una straordinaria classe dirigente, hanno dato lustro al Paese. Si smetta, una volta per tutte, di litigare sulle banalità e si affronti il futuro con un programma serio che rilanci la città nel contesto regionale e meridionale. Questa è la strada che bisogna percorrere. Per dare ai giovani che oggi emigrano un reale disegno progettuale e riconquista della speranza. Per dare ai cittadini quei servizi che sono indispensabili per una soddisfacente vivibilità. Per ridare alla politica quella capacità di risposta ai bisogni e una moralità che, mancando oggi, ci fa annoverare tra i “casi nazionali” come quelli di Bari, Torino e Palermo, dove la corruzione aggredisce i valori. E non si dica che tutto questo fa parte del conflitto Magistratura-Politica. Nessun conflitto, perché la Magistratura c’è, la Politica è morta.