L’otto marzo di questo 2022 è trascorso in una drammatica contrapposizione tra quel che di positivo, bello, accomunante e felice la Festa della Donna rappresenta e la guerra in Ucraina, dove si sta consumando la tragedia di un popolo, innanzitutto di bambini, donne, anziani, uccisi a migliaia, vittime dei sogni malati e folli di zar Putin che vorrebbe ricostituire l’URSS crollata nel 1991, mentre l’Occidente, ci spiace dirlo, non sa ancora formulare una proposta di pace che garantisca, a un tempo, l’indipendenza dell’Ucraina e la sicurezza della Russia. Ma non per questo possiamo arrenderci: l’otto marzo, con la sua storia e i suoi valori, ci offre ispirazione e slancio per impegnarci a costruire la pace e far tacere le armi.
Si sa, l’otto marzo come della Festa della Donna fu proclamato a Mosca, nella Russia della Rivoluzione d’Ottobre del 1917, durante la Conferenza Internazionale delle donne Comuniste. Per la verità, fu chiamata “Giornata Internazionale dell’operaia”, ma ben presto cambiò il nome che a tutt’oggi conserva dovunque. Questa data fu scelta per ricordare la grande manifestazione dell’otto marzo del 1917 in cui a S. Pietroburgo un immenso popolo di donne chiese la fine immediata della guerra che aveva ridotto alla miseria e alla fame la maggior parte dei russi. Più in genere, la festa della donna, che sino ad allora si celebrava in date diverse, fu il prodotto del grande movimento di emancipazione femminile che ebbe inizio nell’Ottocento e fu una diretta conseguenza del formarsi di un proletariato industriale femminile in contrapposizione alla borghesia capitalistica che si serviva delle donne in quanto massa di lavoratrici da supersfruttare e sottopagare. E’ di quindi di rara quanto vivida evidenza che la festa della donna si lega, quanto al suo atto di nascita e ai suoi motivi ispiratori, a tre fondamentali valori: pace, libertà, uguaglianza fraterna tra donne e uomini e tra tutti gli esseri umani.
Peraltro è l’essenza stessa della donna nel significato che acquista il suo vissuto elevandosi alla coscienza a fare sì che l’amore e la vita umana, di cui ella e fonte e principio, si pongano a fondamento di una “Philia” universale. Cosa che è di massima evidenza nella predicazione e nella vita di Gesù. E’ questo che da specificità felice alla donna, ne costituisce la “differenza” con cui contribuisce a dare sostanza all’ “humanum”, ovvero la spiritualità in cui le ragioni della ragione e quelle del cuore si sintetizzano in modo armonioso e propulsivo, dando senso e fine alla vitalità e alla forza dell’uomo, che non si disgiunge, a sua volta, dalla ragione e non cede alle pericolose suggestioni della volontà di potenza e del superuomismo, tipici di una società androcratica e maschilista. Non per nulla, Hegel nella “Fenomenologia dello spirito” (1807), contrappose alle algide leggi dello Stato, la legge di Antigone, l’eroina che dà il titolo all’omonima tragedia di Sofocle, quella legge dell’amore, del “diritto delle ombre”, del legame tra consanguinei, che si apre al legame e all’amore del genere umano. E non a caso, Johann Jacob Bachofon nel suo “Matriarcato” (1861) non solo scoprì che la prima intuizione umana del divino è femminile ma, parlando di un mitico, originario governo delle donne, disse che “la ginecocrazia è la poesia della storia”. Ripartiamo quindi, per un nuovo inizio, per una umanità che viva in fraternità, in libertà e in pace, dai valori di ginecocratici e dalle ragioni di Antigone.
di Luigi Anzalone