M5S di lotta e di governo

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Il ricorso alla piazza invocato a gran voce da Di Maio contro un presunto tentativo di resuscitare i vitalizi dei parlamentari sembra un tardivo, patetico mini-remake del “vaffaday” caro alla memoria pentastellata. Destinato più a complicare che  a risolvere. Era chiaro  che le dimissioni da capo politico non sarebbero state seguite da alcun vero passo indietro. Anzi, erano una mossa ritenuta da Di Maio obbligata per sottrarsi al tiro al bersaglio sempre più intenso che minacciava di abbatterlo definitivamente. Per poi tentare di nuovo la scalata ai vertici. Senza vincoli. Potendo, anzi, godere della più ampia libertà di movimento. Nessuno, però, immaginava un capovolgimento così rapido negli atteggiamenti dell’ex capo politico, rimasto ministro degli Esteri. Di fronte alle numerose difficoltà di coniugare efficacemente una forza di lotta e di governo, appare una pericolosa semplificazione l’idea che, per ritornare agli antichi splendori e ai vasti consensi  che hanno contrassegnato l’avvento al potere di un M5S da tempo ormai al governo, basti rispolverare  i bellicosi mantra di qualche anno fa. Intanto, le mosse di Di Maio hanno accresciuto interrogativi e disappunti in amici e avversari. A cominciare dal reggente Crimi. Non padrone dei fondamentali meccanismi interni come quello della comunicazione, ancora in mano all’ex. Perciò costretto a fare buon viso al cattivo gioco delle incontrollabili sortite di un Giggino senza cravatta. E ridotto quindi al ruolo di un re travicello, in affanno nel tenere a galla una barca sottoposta alle bordate anche del fuoco amico. Enorme è lo sconcerto soprattutto in coloro i quali sono stati nominati solo qualche settimana fa, e proprio da di Maio, come “facilitatori” ai diversi livelli. Quindi con il compito di serrare i ranghi. E di tenere insieme movimento e governo. Essi ora si vedono, oltre che scavalcati,  additati come inerti dalle scomposte iniziative dell’ex capo politico.  Insomma, le improvvide e improvvise sortite di Di Maio – la mattina con la cravatta a rappresentare il nostro Paese nell’establishment internazionale, il pomeriggio “descamisado”in piazza a inveire contro un sistema in cui però abbondano ministri, vice  e sottosegretari pentastellati– rischiano di rendere ancora più stridenti le contraddizioni del M5S.

Infatti, il Movimento è stato quello che Grillo e di Maio (con Casaleggio), spesso consentendo, talvolta dissentendo, hanno voluto. L’ex capo politico ha accentrato in sè per troppo tempo troppi poteri, che fino alla fine ha fatto solo finta di voler condividere. Ha guidato- o assecondato – tutti i passaggi politici di cui il M5S è stato artefice. Anche delle giravolte nelle alleanze governative. Non ha avuto il coraggio di dimettersi per manifestare la sua sfiducia nella compagine M5S-Pd, che ha cercato in ogni modo di indeblire se non di sabotare apertamente. Ha rimpinzato il Parlamento e le stanze del potere con suoi fedelissimi. Ha tranquillamente sorvolato sul divieto di attribuire incarichi agli ex trombati. Senza contare gli anni precedenti al M5S di governo, quando è stato vice-Presidente della Camera. Insomma, ha avuto un lungo periodo per il possibile apprendimento del funzionamento delle istituzioni. Proprio per questo, dovrebbe sapere che le iniziali battaglie rivendicazioniste non possono più bastare. Di Maio non ha saputo costruire una positiva fase di governo. Finora limitata al disvelamento delle ignobili convenzioni autostradali e al reddito di cittadinanza. Valido come misura di welfare, nullo però come incentivo al lavoro. Ora però Di Maio e i suoi, anzichè correggere gli errori compiuti e irrobustire l’azione di governo,  pensano  nostalgicamente di tornare indietro. E di riscoprire i toni oltranzisti di un tempo. Questa linea appare illusoria e inconciliabile con le responsabilità di governo. Porterebbe a sparare sul proprio quartier generale. Confonderebbe ulteriormente gli elettori. Susciterebbe le giuste reazioni dei grillini esponenti del governo. Accrescendo, insieme alle già gravi incomprensioni con gli alleati, quella instabilità politica che è la peggior nemica di un Movimento che ha bisogno di tempo per compiere le scelte necessarie ad evitare l’estinzione!

di Erio Matteo