Ma l’Irpinia esiste ancora?

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Mi ferma per strada. Mi guarda con fare insistente. Poi mi chiede: “l’Irpinia esiste ancora?”. Certo, gli rispondo. Poi, però, riflettendo sugli ultimi accadimenti credo che la domanda rivoltami non è affatto banale. Vedo scorrere immagini terribili. Come quelle della Solofrana, tra i torrenti più inquinati del pianeta che genera il cancro o la Valle del Sabato che i recenti rapporti sull’ambiente indicano essere zona ad alta pericolosità. E’ il risultato dell’eterno conflitto tra ambiente (ieri si è celebrata la giornata mondiale per la tutela) ed economia senza regole. Le concerie che sversano nella Solofrana sostanze chimiche fortemente inquinanti sono le stesse che danno occupazione a centinaia di operai. Ecco come il profitto cancella la salute. La partita si gioca sul ricatto. Non c’è una sola voce che imponga il rispetto delle regole. Tace il governo; ammutolita è la Regione: la Provincia è distratta dal sistema turismo; il Comune di Solofra da decenni si perde in una inconcludente mediazione. Come, a proposito di Solofra, per la sanità. C’era un ospedale. Nel bene e nel male dava assistenza ad un bacino di utenza rilevante. Lo hanno distrutto. O meglio è diventato merce di scambio per becero clientelismo da parte della Regione di De Luca che tra Pizzuti e Morgante è riuscito ad annullare la sanità in Irpinia. Vedi anche gli inauditi ritardi nelle vicende dei vaccini somministrati in open day o in farmacie. L’Irpinia non esiste per il Recovery plan: a ciascuno il suo, senza una comune regia che faccia pulizia di richiesta di fondi per rotatorie e marciapiedi o fontanine di antica memoria. E che dire della risorsa acqua scippata ai nostri monti e diventata tesoretto per regioni confinanti? Chi ne parla? Con quali progetti? Anche qui la risposta è approssimativa: usare i fondi per mettere una pezza alle reti idriche fatiscenti che disperdono da decenni oltre il quaranta per cento delle risorse prodotte. Torno alla domanda: esiste ancora l’Irpinia? No: c’è un deserto di idee, senza classe dirigente che chiede elemosina ieri al Napolicentrismo, oggi al Salernocentrismo. Lo fa senza pudore, piegandosi al volere del familismo deluchiano.

di Gianni Festa