Manzoni a 150 anni dalla morte

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Di Virgilio Iandiorio

Il modo migliore per celebrare l’anniversario di un poeta, uno scrittore? Leggere le sue opere. In questo mese, sono trascorsi centocinquant’ anni dalla morte di Alessandro Manzoni, avvenuta a Milano il 22 maggio 1873. Non so quali e quante manifestazioni celebrative sono state organizzate per la ricorrenza. La mia è la lettura, ancora una volta, de I Promessi Sposi. Povero Manzoni! Hanno cercato in tutti i modi di farlo fuori, cioè tenerlo lontano dai banchi scolastici. Quasi fosse un pericolo per adolescenti e giovani. Qualcuno poi ne consiglia la lettura in tarda età, perché solo così, alla fine, si potrà capire l’origine dell’esistenza. E poi, di questi tempi, uno scrittore , e poeta cattolico va tenuto a distanza. C’è il rischio di contaminazione del morbo cattolico, che si sta facendo di tutto per debellare. “Madre de’ Santi, immagine della città superna” cantava don Alessandro ne La Pentecoste. Oggi sarebbe già un problema se chiamarla madre o padre dei santi. Al tempo de I Promessi Sposi, non è che non mancassero i problemi per la Chiesa. Don Abondio, il curato, che non vuole contraddire i più forti, Fra Cristoforo, ha commesso un omicidio prima di diventare un Cappuccino, la Monaca di Monza combina molte malefatte, il Padre Provinciale dell’Ordine sembra un esponente di quelli che popolano la scena politica dei nostri giorni. Quando Manzoni deve descrivere il Cardinale Federico Borromeo, cugino di San Carlo, nel capitolo XXII del suo romanzo, sa che quelle lodi possono sembrare dissonanti “dopo la contemplazione d’una molteplice e fastidiosa perversità”, perciò “chi non si curasse di sentirle salti addirittura al capitolo seguente”.

Fatto sta che quelle lodi al C a r d i n a l e Federico si ritrovano in un autore del sec. XVII, un padre teatino della nostra p r o v i n c i a . L e o n a r d o D u a r d o (1566-1643), che svolse l’incarico di penitenziere della cattedrale di Milano. E proprio al suo arcivescovo dedicò la sua opera “Commentaria in Bullam Pauli Papae Quinti” edita a Milano nel 1618. Era usanza che nella liturgia del Giovedì Santo il pontefice promulgasse delle leggi che riguardavano il diritto canonico ma non solo. Il Cardinale è definito “amplissimus”, illustrissimo, e sarebbe troppo poco una lettera dedicatoria per enumerare i suoi meriti e le sue qualità. Tra le tante, due opere eccellenti Leonardo Duardo indica in particolare: la fondazione del Collegio Ambrosiano e la Biblioteca Ambrosiana, che viene definite” thesaurus voluminum omnium, quae aut antiquiores sapientes aut nostro aevo Doctissimi elucubrarunt, quam si toto terrarum Orbe scientiae omnes, ac studia literarum iacturam facerent, unam restituere posse omnes existimant = un tesoro di tutti i libri, che sia i più sapienti degli antichi sia i più dotti del nostro tempo hanno scritto; così che se tutte le scienze nell’orbe terraqueo e gli studi letterari per disgrazia si perdessero, si ritiene che da sola tu biblioteca potresti riportarli tutti alla luce.