Mario De Simone: così mio fratello Sergio fu deportato e ucciso. Non abbassiamo la guardia

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Suo fratello era Sergio De Simone, unico bambino italiano dei venti morti dopo essere stati sottoposti ad esperimenti medici nella scuola di Bullenhuser Damm, nel campo di concentramento di Amburgo. A ricostruire la sua storia Mario De Simone, nel corso di un confronto con gli studenti dell’istituto comprensivo Leonardo da Vinci-Regina Margherita, guidato dalla dirigente Paola Gianfelice. Mario ha ripercorso il dramma della sua famiglia, la cui vita fu stravolta dall’entrata in vigore delle leggi razziali. “Cominciava la distinzione tra cittadini di serie A e serie B, culminata nelle deportazioni. Nell’estate del 1943 – racconta Mario- mia madre Gisella, insieme a mio fratello Sergio, di appena 7 anni, era fuggita a Fiume, dove viveva la madre, dopo i bombardamenti degli Alleati che facevano temere il peggio a Napoli. Furono arrestati insieme alla nonna, ai miei zii, alle cugine Alessandra e Tatiana e portati nella Risiera di San Sabba a Trieste. Il 4 aprile 1944 venivano condotti a Auschwitz. Sergio fu, invece, trasferito nel campo di Neuengamme, scelto come cavia per degli esperimenti. Le cugine Andra e Tatiana riferirono come il medico del campo,  entrando nella baracca dei bambini, chiese a chi volesse vedere la propria mamma di fare un passo in avanti. Erano stati avvertiti dalla kapo’ di restare immobili ma Sergio non seppe trattenersi e fu portato via. Il 20 aprile 1945 i bambini selezionati da Mengele, al termine degli eseprimenti, venivano assassinati nella scuola di Bullenhuser Damm. Nella primavera del 1945 mia madre fu mandata nel campo di concentramento di Ravensbruck, per essere poi liberata. Arrivò in Italia nel mese di novembre del 1945 e si ricongiunse a mio padre. A lungo i miei genitori cercarono di avere notizie di mio fratello ma solo verso la fine degli anni quaranta riuscirono a sapere che Sergio era stato trasferito da Auschwitz in un altro campo. Nel 1983 la scoperta della tragedia di Bullenhuser Damm. Non voleva credere che Sergio fosse morto, aveva sperato fino all’ultimo di poterlo riabbracciare”. Mario De Simone sottolinea con forza le responsabilità dei fascisti che “furono complici del terribile disegno di Hitler” e lancia un appello a difendere la democrazia, a rifiutare ogni forma di violenza, da chiunque arrivino “Dobbiamo stare in guardia, sono ancora troppe le discriminazioni nei confronti degli ultimi o dei diversi”.