Monopoli e Quaresima elettorale 

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La campagna elettorale che esce dal Carnevale ed entra nella Quaresima farebbe gran bene a se stessa se assumesse come viatico il messaggio di Papa Francesco sull’ astinenza (Ahi, le false promesse!) e sulla penitenza (Giuro di smetterla!). Riscatterebbe l’immagine che sembra prevalere degli incantatori di serpenti e dei venditori di elisir dai quali Bergoglio consiglia di stare alla larga. Riusciranno i nostri eroi a recuperare nelle tre settimane scarse che ci separano dal voto quel profilo di responsabilità e realismo fino ad oggi è stato nascosto agli elettori.

Per promettere invece tutto e il contrario di tutto? Riusciranno i nostri eroi a recuperare nelle tre settimane scarse che ci separano dal voto quel profilo di responsabilità e realismo fino ad oggi è stato nascosto agli elettori per promettere invece tutto e il contrario di tutto? Il problema c’è se, non volendo affidarci al nostro trascurabile naso, economisti e investitori, agenzie di rating e mercati, accademici e banchieri, per tabulas e con insistenza avvertono dello “sconquasso” che da quelle promesse deriverebbe, tanto più deflagrante in assenza di maggioranze di governo qualificate nei numeri e coese nel programma.

Queste autorevoli quanto indipendenti fonti non hanno però messo in conto che non saranno quelle promesse la causa del botto. Per la semplice constatazione che non potendo essere praticate, non potranno essere mantenute: non si può fare, tutto insieme e con politiche in deficit, il reddito di cittadinanza, abolire la legge Fornero, ridurre l’Irap, rimodulare l’Irpef, assumere più poliziotti, insegnanti e magistrati, estendere il bonus di 80 euro sia pure ad una fascia di partite Iva e allo stesso tempo garantie l’aggressione al debito pubblico che oggi è a quota 2.400 miliardi, il 130% del Pil. Lo sconquasso, se così vogliamo definirlo, comincerà verosimilmente a delinearsi dal giorno dopo il voto, quando i programmi sostenuti dalle fiches del Monopoli dovranno fare i conti con la realtà. Quella che Oxford Economics, il prestigioso think thank della omonima università, sintetizza così: “L’Italia ha bisogno come il pane di tenere insieme le misure per ridurre il debito e rilanciare la produttività. La finestra buona per aggredirli prima o poi si chiuderà”.

Il rischio cioè è quello di trovarsi senza argomenti e strumenti per agganciare opportunità ed occasioni che si ripresenteranno come e quando chissà, avendo sperperato nel frattempo quanto di incoraggiante, grazie anche alle dinamiche indipendenti dell’economia ma anche alle politiche dei governi, è stato costruito negli ultimi cinque anni: quasi 5 punti di Pil riconquistati, dal 2,9% del 2013 all’1,7% che ha chiuso il 2017; la Borsa tornata ai livelli pre crisi sopra i 22 mila punti; l’export all’1,5% che triplica il dato del 2013; lo spread ormai stabile a 150 rispetto ai 570 dei tempi di Berlusconi- Monti e ai 313 di cinque anni fa; la disoccupazione, che resta sopra la media europea, comunque lievemente calata di quasi un punto rispetto al 2013. Numeri sui quali ognuno può dire, e noi tra questi, che si poteva e doveva fare di più e meglio, a cominciare da interventi più radicali e strutturali sul fronte del disagio e delle disuguaglianze, ma che costituiscono gli indicatori chiave per comprendere se un Paese affonda, galleggia o sale.

Noi siamo nella seconda condizione, potenzialmente propensa più a salire che a scendere, ben che il quadro riassuntivo che con maggiore o minore intensità propagandistica venga dato in questa campagna elettorale sia quello di un Paese all’anno zero che, con le fiches del Monopoli, andrebbe rivoltato come un calzino. Per molti non sarà un piacevole risveglio quello del 5 marzo: dopo aver disseminato trappole acchiappavoti, partiti e coalizioni dovranno rifare una seconda e più vera campagna per dirci come davvero intendono governare un Paese che ha bisogno di molta nuova normalità e non di molte vecchie bugie.

di Norberto Vitale edito dal Quotidiano del Sud