Antonio Polidoro
Il grande Giubileo del 2000, il Giubileo della Musericordia di papa Franceso hanno richiamato a Roma folle oceaniche. La storia della Chiesa Cattolica è, del resto, punteggiata da questa voglia di ritrovarsi in forza della forza trascinante dei grandi pontefici che si sono succeduti sul soglio di Pietro. Il Giubileo del 1925, il Giubileo della Pace, fu fortemente voluto da Papa Ratti. Pio XI con questa grande iniziativa interpretava il delicato momento storico caratterizzato dalle ancora laceranti ferite aperte e non ancora rimarginate della Grande Guerra e dalla ancor più recente Marcia su Roma che segnò l’avvento del fascismo.
Pio XI era uomo di pace: sul suo stemma campeggiava il motto “ Pax Christi in regno Christi “. Per l’occasione un foltissimo gruppo di fedeli della Diocesi di Avellino, accompagnati da un vescovo ottuagenario, il colto e dinamico Monsignor Giuseppe Padula, partì alla volta di Roma.
Al ritorno da quella esperienza esaltante ed edificante il coltissimo vescovo Padula volle
raccontare quella avventura spirituale vissuta da circa quattrocento pellegrini della Diocesi in condizioni di viaggio non proprio idilliache.
Padula proveniva dalla Diocesi di Bovino, al confine pugliese con la provincia di Avellino, che aveva retto dal 1898 al 1908 mostrando dinamismo e lungimirante cifra pastorale.
Ad Avellino giunse nel 1908 prima come Amministratore Apostolico e successivamente come Ordinario col compito non proprio facile di continuare la preziosa attività pastorale del
predecessore, il Vescovo Serafino Angelini, un abruzzese che promosse la stampa cattolica e curò la diocesi in ogni dettaglio.
Angelini, da vescovo di Anglona – Tursi , in Lucania, aveva conosciuto ed apprezzato Padula, allora, forte degli studi severi alla Gregoriana, brillante docente di Filosofia.
Serafinio Angelini se ne ricordò quando si trattò di pensare al successore per la sede avellinese che aveva imparato ad amare ( erano tempi in cui i vescovi avevano ancora voce in capitolo sulla nomina dei nuovi pastori…) e interpose i suoi buoni uffici per il trasferimento dalla vicina Bovino.
Classe 1842, potentino, Padula doveva rimanere ad Avellino per un ventennio fecondo di iniziative che lasciarono segni profondi. Tra le tante il viaggio per l’Anno Santo della Pace a ottantaquattro anni suonati. Bello ed incisivo il racconto del Presule, uno stile da cronista consumato. L’apertura del resoconto rivela un vescovo di grande spessore culturale con un sicuro senso della storia e una precisa percezione dei mali del suo tempo e, non ultima, una straordinaria capacità di sintesi e chiarezza. E ‘ il linguaggio di un raffinato intellettuale che sente il dovere del pastore di giungere alla comprensione di tutti.
“ Del Giubileo dell’Anno Santo 1925, scrive Padula, fu fatta la Indizione dal Sommo Pontefice Pio XI, con la intenzione del trionfo della pace per tutti i popoli della terra. Dopo una guerra atroce e sanguinosa, terminata con l’esaurimento delle nazioni che vi presero parte, successe la pace, ma una pace che non menò i popoli ad una riconciliazione sincera, quindi il Santo Padre, per il bene dell’umanità travagliata, invoca dal Signore, ed alla sua invocazione vuole che si uniscono in questo solenne Giubileo tutti i fedeli per impetrare una pace vera fra tutte le nazioni cristiane, e in genere tutti i popoli della terra.”
Il vescovo continua richiamando la sua lettera pastorale sul grande evento. “Invitai i diocesani a recarsi a Roma per lucrare la somma indulgenza concessa per il Giubileo………
Nell’invitarli promisi che personalmente li avrei accompagnati a Roma nelle visite a farsi e nel presentarli al Santo Padre.”
La Curia avellinese, in testa il Vicario Generale Monsignor Massimino Russo e l’Arcidiacono del Capitolo della Cattedrale Mons. Pellegrino Preziosi, mise in moto una poderosa macchina organizzativa : occorreva un treno speciale, unico mezzo idoneo all’epoca a trasportare trecentocinquanta persone a Roma. I pellegrini raggiunsero dalla città capoluogo e dai centri della diocesi la stazione al Borgo Ferrovia. C’era ancora la bella struttura che vediamo ormai soltanto in qualche cartolina d’epoca dopo l’abbattimento dell’edificio all’indomani del sisma dell’ottanta. “ Tutti , scrive il vescovo Padula, con insolita allegrezza ed armonia di spirito attendevano il fischio della vaporiera….Il treno, partito da Avellino con lieve pioggia, dovè fermarsi a Cancello circa tre ore. Erano le nove della sera e per questa lunga fermata potettero i pellegrini visitarsi scambievolmente nei diversi vagoni o con gioia fraterna discorrere della grande ventura loro toccata di recarsi a Roma”
Padula racconta che nel corso di questa lunga sosta a Cancello i pellegrini “ consumarono la cena con le piccole provviste cibarie” che avevano portato da casa.
Come Dio volle il convoglio partì alle dodici e pochi minuti della notte del 26 ottobre e giunse nella capitale alle sette e un quarto.
“ Apparve splendidissimo il cielo, indizio della felice ventura del nostro pellegrinaggio ….”
La folta comitiva irpina fu accolta dal Comitato Romano che doveva convogliare i fedeli irpini nelle case “già assegnate dal contratto” Tre incaricati erano partiti alla volta di Roma per controllare se le abitazioni destinate ai pellegrini fossero “ decenti e fornite…”-
Tutto fu trovato in regola e , una volta sistemati nelle camere, ebbe inizio la prima visita
dell’itinerario alla Basilica di San Pietro. Il vescovo genuflesso davanti alla Porta Santa intonò le litanie dei Santi. I prelati addetti all’accoglienza del gruppo invitarono il vescovo di Avellino a tenere un’omelia ai suoi fedeli. Il presule parlo della Misericordia di Dio e del sacramento della Penitenza.
Intanto si era sparsa la notizia che un vescovo di età molto avanzata si era spinto fino a Roma e guidava con grande dinamismo i suoi diocesani. Si pensi che all’epoca l’età media non superava i cinquant’anni ! Il giorno successivo , di buon mattino, i devoti irpini si recarono a Santa Maria Maggiore dove Padula celebrò la messa assistito dai prelati della Basilica e tenne una intensa omelia su temi mariani, in omaggio alla titolare del maestoso tempio. “La Vergine, disse tra l’altro, è la tesoriera delle grazie perché tutto volle Gesù che avessimo per mezzo di Lei ricevuto. Preghiamo la nostra Madre che ci conceda la grazia di guadagnare il Giubileo”
Il gruppo raggiunse, poi, la seconda Basilica, San Giovanni in Laterano, in processione.
Notevole la distanza e quella processione incuriosì i romani. Godibilissimo il racconto di monsignor Padula (che parla in terza persona). “Il vescovo ottantaquattrenne procedeva col suo bastone, cioè con l’ombrello, ravvolto nelle pieghe e mutato in bastone. I pellegrini, ordinati in fila, al canto delle Litanie devotamente rispondevano; i passanti si fermavano guardando con amore quella processione e vedendo un Vescovo quasi stanco, in apparenza, e mossi da pietà e devozione accorrevano per baciargli la mano che benediceva. Anche le carrozze e i pubblici Tram sospendevano la corsa al passaggio della devota processione”
La processione “irpina” era ben strutturata : i gruppi parrocchiali erano scortati dai rispettivi parroci. Gli avellinesi erano preceduti dal drappello dei canonici della Cattedrale : l’Arcidiacono Preziosi i canonici Vincenzo Serino, Domenico Iepparelli, tesoriere del pellegrinaggio, i parroci Mons. Domenico Amodeo, Don Ciro D’Acunto, parroco della Cattedrale, Don Orazio Missionario, Don Francesco Grillo, Don Giovanni Lombardi.
Il gruppo di Atripalda era accompagnato dai parroci Don Gabriele Losco e Don Sabino Romano. I fedeli Gesualdini erano guidati dai parroci Monsignor Pisapia, Mons. Felice Forgione e can. Don Attilio Forgione. Don Tommaso Memmolo, Don Achille De Feo e Don Francesco Rossetti guidavano il gruppo di Mirabella.
I grottesi con Don Alfonso Cogliano, i pratesi con Don Tommaso Vassallo, il gruppo di Sturno col colto parroco Mons. Don Angelo Capobianco ( del quale Il nostro giornale pubblicò una interessante monografia sul suo paese). E ancora Don Roberto Ciuchini da Carpignano, Don Lorenzo Bavaro da Serra di Pratola, Don Alberto Carino da Paternopoli, don Gennaro Ciullo da Frigento, don Beniamino Caporale da Sant’Angelo all’Esca, Don Carmine De Lorenzo da Salza, Don Carmine Dello Russo da Starze, don Francesco Santoli da Rocca San Felice, Don Raimondo D’Archi da Summonte , Don Lorenzo Accomando da San Barbato, Don Raffaele Garzone da Serra, Don Giuseppe Testa da Sturno, Don Michele Memmolo da Mirabella e tre seminaristi, : Antonio Preziosi, Girolamo Galasso (indimenticata figura di medico – gentiluomo della città) e Clemente Picariello, il popolare Don Clemente, popolarissimo Rettore di San Francesco Saverio.
Rimase in città per la cura della Diocesi durante l’assenza del Vescovo, il vicario Generale
Monsignor Massimino Russo. Una gran bella rappresentanza della Chiesa avellinese !
Intanto dopo la visita a San Paolo fuori le mura,dove il Vescovo tenne una robusta e toccante omelia sugli esiti spirituali del Giubileo, si avvicinava il momento cruciale del devoto viaggio, la visita a Sua Santità Pio XI. Fu rigorosamente rispettato il cerimoniale.
Nella Sala delle Benedizioni comparve finalmente il Papa accompagnato dal vescovo di Avellino e dal Monsignor Preziosi.
Il Pontefice fece il giro della Sala “dando a tutti a baciare la mano e consegnando a ciascuno una medaglia del Giubileo, dimandò a taluno tratto in tratto il nome del paese. Terminato il giro si assise in trono e rivolse agli intervenuti un paterno discorso. Si congratulò per la pietà e la viva fede dei pellegrini. Li esortò a mantenere i tesori acquistati col Giubileo per la santificazione delle anime. Terminò il discorso impartendo l’apostolica benedizione ai presenti, alle loro famiglie, paesi e città. Siccome tra i pellegrini vi erano i chierichetti Galasso, Preziosi e Spagnuolo, rivolto ad essi disse il papa : voi porterete la mia benedizione ai vostri compagni nel Seminario e sarete i futuri apostoli del ceto ecclesiastico che crescerà nel tempo avvenire. Vivissimi applausi salutarono il papa mentre faceva ritorno nei suoi appartamenti.” I fedeli avellinesi furono ammessi alla messa del papa con un folto gruppo di cattolici tedeschi e con quelli della diocesi di Guastalla il cui vescovo era inginocchiato accanto a monsignor Padula ad un lato dell’altare.
Fu una funzione particolarmente emozionante sottolineata da un coro di tedeschi che cantava in modo ammirevole inni adatti al particolare momento liturgico. “Buon Dio, scrive Padula, che momenti preziosi furono per noi quelli trascorsi durante la messa celebrata dal Papa…., non ne proveremo di simili nella nostra vita.” Il pellegrinaggio si concluse al Colosseo dove Padula celebrò la messa. Ma, intanto, la notizia della presenza a Roma del folto gruppo da Avellino con un vescovo in età avanzata no passò inosservata.
Molti giornali la riportarono con dovizia di particolari. Tra gli altri l’Unità Cattolica scrisse “ Scene piene di fervore e di spirituale raccoglimento si ripetono ogni giorno. Ma più di tutti il 30 dell’ottobre u.s. ha dato spettacolo commovente il pellegrinaggio di Avellino che visitò il Colosseo col suo venerando Pastore. Nell’arena, all’altare innalzato con cura dall’Assistenza Religiosa, Monsignor Padula celebrò la messa, assistito dall’abate mons. Felice Forgione e dal Parroco della Cattedrale di Avellino mons. D’acunto.
Alla fine della messa il venerando Vescovo rivolse alla folla dei fedeli un discorso pieno di santi suggerimenti….. Alla fine mons. Padula volle deporre per la prima volta, sulla pietra basamentale già pronta, la Croce del pellegrinaggio e tutti si raccolsero ad ascoltare le brevi parole del direttore dell’assistenza religiosa”.
Così la stampa romana commentò la compostezza degli avellinesi e il sorprendente dinamismo del vecchio vescovo ma del pellegrinaggio resta traccia ufficiale nel Bollettino Ufficiale di Roma dove, tra l’altro, si legge a proposito del gruppo del vescovo Padula: “la fede e la devozione di questo pellegrinaggio fu veramente edificante e il giubilo dei pellegrini raggiunse il colmo nell’udienza pontificia che ebbe luogo il 29 ottobre con un bel discorso del Santo Padre.”
Nella foto, tratta dal sito avellinesi.it, al centro in piedi il canonico Don Giuseppe Greco. Seduti: al centro mons. Serafino Angelini, vescovo di Avellino (1896-1908) , a destra mons. Giuseppe Padula, vescovo di Avellino dal 190 al 1928