Moro, per reagire agli egoismi

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Qualche giorno fa in una intervista Ciriaco De Mita ha ricordato che nella difficoltà delle questioni Aldo Moro aveva una capacità di lettura convincente e questo lo faceva leader mentre oggi c’è solo la suggestione del comando.  Lo statista democristiano è stato barbaramente ucciso dalle Brigate Rosse il 9 maggio di quarant’anni fa. La sua lezione è ancora attualissima. E’ il politico che cerca di capire e anticipare i tempi. Vede prima degli altri che il vento del ’68 può soffiare in modo impetuoso, intuisce che la democrazia bloccata non è eterna e apre a quella dell’alternanza. E’ su queste basi che costruisce il dialogo profondo e proficuo con il partito comunista. Due forze che prima di confrontarsi devono rispettare. E nel suo ultimo discorso pubblico pronunciato a Benevento prima di essere rapito dalle BR pronuncia frasi attualissime e dice che quando ci si confronta qualcosa rimane di noi negli altri e degli altri in noi. Un modo per spiegare che dalle difficoltà di una determinata situazione se ne esce solo con una normale dialettica democratica. L’opposto di quello che è stato fatto oggi dopo il voto del 4 marzo. Molta tattica e nessuna strategia. Poco rispetto per le istituzioni. Valanghe di dichiarazioni rilasciate in tv o sui social network per parlare alla “pancia” del proprio elettorato. Una campagna elettorale perenne. Mai una proposta vera di collaborazione solo un rilancio di temi declinati per impedire ogni possibilità di dialogo. I veti reciproci hanno scandito questi ultimi due mesi. Adesso messi di fronte ad una situazione nuova dal Capo dello Stato Salvini e Di Maio stanno cercando di trovare una soluzione per far partire un esecutivo politico coinvolgendo Berlusconi che sarebbe orientato a non impedire la nascita di un governo Lega-Cinque Stelle. Il leader di Forza Italia sa che le elezioni anticipate sono un rischio troppo grande per il suo partito e allora ragiona sull’ipotesi di non mettersi all’opposizione dura e pura di uno schema che non lo vede attore protagonista. Si arriverebbe insomma all’ipotesi opposta del modello Monti o Enrico Letta quando fu Berlusconi a sostenere questi governi e la Lega no, ma senza compromettere l’alleanza di centrodestra e l’asse nelle regioni e nei comuni amministrati insieme. Oggi sapremo se questo tipo di intesa verrà siglata in caso contrario Mattarella è pronto a quello che lui stesso ha chiamato “governo neutrale” che porterebbe con ogni probabilità il paese ad elezioni anticipate in tempi brevi. Viviamo dunque nell’incertezza e del resto come ha scritto con lucidità Mattia Feltri l’Italia non è una nazione, è una civiltà e allora “c’è quella maledetta (o benedetta) pratica municipale, micragnosa, piccina, e l’abbiamo vista rappresentata alla grande negli ultimi sessanta giorni, durante i quali a nessuno è importato nulla dell’Italia perché semplicemente l’Italia non esiste. Non c’è nessuno che si voglia lordare le mani tendendole all’avversario per il bene l’Italia, che tanto non esiste. Esistono gli italiani, a nome dei quali ognuno parla, gli italiani vogliono, gli italiani hanno detto, gli italiani hanno scelto, e poi quelli nemmeno sono gli italiani, sono i loro tifosi schierati contro tutti gli altri tifosi, che chiamano delinquenti, traditori, al soldo del nemico, e gli riserverebbero il patibolo. Chi disse fatta l’Italia bisogna fare gli italiani forse si sbagliava, gli italiani esistono, sono sempre esistiti, oggi si chiamano Di Maio, Berlusconi, Salvini, Renzi, italiani esemplari per un’Italia che non esiste”.  Contro questi particolarismi e per un interesse generale si è sempre battuto Aldo Moro. Ricordarlo a quarant’anni di distanza è il modo migliore per reagire a questa catena di egoismi che stanno pervadendo il nostro paese.

di Andrea Covotta edito dal Quotidiano del Sud