Non guardate quella finestra

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Mentre il fantasma della crisi di governo e di elezioni anticipate ha ripreso a volteggiare minaccioso nel cielo della politica italiana, conviene cercare di mettere qualche punto fermo, anche per sgomberare il terreno da equivoci o, come oggi si dice, da fake news che servono solo a intorbidire le acque ed aumentare la confusione.

In fondo, basterebbe limitarsi a sfatare solo una leggenda che peraltro viene ripetuta in questi giorni con una frequenza tale da esser diventata quasi una verità inoppugnabile. Si tratta della famosa o famigerata “finestra elettorale”, che semplicemente non esiste. Secondo la vulgata corrente, la metafora della finestra indicherebbe l’obbligo del rispetto di una determinata scansione cronologica, fra apertura della crisi, certificazione dell’impossibilità di formare una qualsiasi maggioranza e conseguente scioglimento delle Camere, evitando di andare ad elezioni anticipate troppo a ridosso della data prevista per la presentazione e l’approvazione del bilancio dello Stato (rispettivamente il 20 ottobre e il 31 dicembre). Secondo questa narrazione, pedissequamente quanto pigramente proposta da tanti, a determinare la crisi di governo e nuove elezioni sarebbe solo il calendario. Cosa mai accaduta in oltre settant’anni di vita repubblicana, da quando cioè nel maggio del 1948 il presidente della Repubblica Luigi Einaudi gestì la prima crisi seguendo i dettami della Costituzione da poco entrata in vigore. Da allora in poi, e sempre, è stata la politica e non il calendario a scandire tempi, durata e conclusione delle oltre 70 crisi che si sono succedute fino ad oggi. E ci mancherebbe altro! La politica italiana sarà certamente disastrata (per responsabilità di molti), ma non fino al punto di ridursi a consultare gli almanacchi, come i nostri padri osservavano il volo delle aquile per trarne auspici sui destini dello Stato.  Anche lo spauracchio della legge di bilancio e dei suoi tempi di presentazione e approvazione è solo un tabù da sfatare. Il governo Monti, insediato in tutta fretta nel novembre 2011 per rimediare in corsa ad una situazione finanziaria di vera emergenza (non paragonabile a quella attuale), giurò il 16, ebbe la fiducia il giorno successiva e varò il suo programma di lacrime e sangue in tempo per evitare l’esercizio provvisorio del bilancio.

Dunque, non c’è nessuna finestra che si apre o si chiude sulla crisi. Anche questa volta sarà la politica, per quanto difficile da interpretare, a determinare tempi, soluzione, vinti e vincitori sulla base dei rapporti di forza tra i partiti (di maggioranza e di opposizione) e del contesto internazionale (europeo e atlantico) che sempre più negli ultimi tempi ha assunto un ruolo nella politica interna.

Non è un caso se il Quirinale, con la prudenza che è d’obbligo in questi casi, ha già fatto sapere che nessuno, lassù, si sogna minimamente di dettare o guidare una nuova ipotetica fase politica. La responsabilità spetta ai partiti; il Capo dello Stato non è un regista ma un arbitro, con lo sguardo fisso alla Costituzione. Dunque, tutte le ipotesi hanno diritto di cittadinanza: si può procedere come ormai da mesi, con un governo litigioso e traballante, o si può dichiarare sciolto il contratto giallo-verde; e in questo caso sarà il Presidente a verificare se il Parlamento possa esprimere una maggioranza e un esecutivo. In caso negativo, l’unica strada sono le elezioni, nei tempi dettati dalla politica, non certo dal calendario. Certo, lo spettacolo dei due vicepremier che si insultano di giorno e si complimentano a vicenda la sera è miserevole; ed è bene che gli elettori se ne ricordino quando saranno chiamati alle urne. Ma non se ne uscirà fin quando uno dei due – Di Maio o Salvini – dichiarerà chiusa la partita. Oppure, ed è l’ipotesi delle ultime ore, se sarà un fattore esterno al calendario e al battibecco quotidiano a imporre il rompete le righe. La Procura milanese sta indagando per corruzione internazionale tre collaboratori di Matteo Salvini, che è il ministro dell’Interno, responsabile della sicurezza nazionale; la Cancelliera Angela Merkel, non il primo che passa per la strada, ha chiesto pubblicamente al parlamento italiano di fare chiarezza sui rapporti fra Roma e Mosca. Insomma: se nei prossimi giorni dagli armadi dell’hotel Metropol dovessero emergere scheletri ingombranti, allora sarebbe tutta un’altra partita. Ancora una volta politica. Il calendario non c’entra.

di Guido Bossa