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Nuovo Clan Partenio, dagli avvocati prime richieste di assoluzione per alcuni imputati

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Nuovo Clan Partenio, nuova udienza stamattina presso il tribunale di Avellino  per i componenti del sodalizio criminale  accusati, a vario titolo, di associazione di stampo camorristico, tentata estorsione, usura e turbata libertà degli incanti.

Nella giornata di oggi, all’interno dell’Aula di Assise del Tribunale di Avellino – dinanzi al giudice Gian Piero Scarlato, con i giudici a latere  Giulio Argenio e Lorenzo Corona –dopo le richieste di condanna da parte dalla pm Antimafia Simona Rossi (ben 387 anni di reclusione per i 21 imputati) sono cominciate questa mattina dinanzi al collegio giudicante, presieduto dal magistrato Gian Piero Scarlato, le arringhe degli avvocati di fiducia degli imputati.

Il primo avvocato a discutere è stato Michele Basile, difensore di fiducia di G. M. Per l’imputato, il Pm ha chiesto anni 17 di reclusione. Il penalista ha focalizzato la sua discussione sugli spostamenti del suo assistito, i dati registrati dal GPS, e – sul punto – ha dichiarato che non vi è l’assoluta certezza investigativa. L’avvocato Basile ha chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove: “Una richiesta di pena, quella del Pubblico Ministero, assolutamente esorbitante; che non tiene assolutamente conto del fatto che l’imputato fosse incensurato e, ancora di più, del suo rapporto con gli altri imputati e anche il contributo effettivo all’associazione criminale. Non ho trovato un solo segmento di prova che potesse dimostrare la sua concreta affiliazione al clan “.

Successivamente è stato il turno dell’avvocato Generoso Pagliarulo, difensore di fiducia di S.M, per cui il Pm ha chiesto la pena di 5 anni di reclusione: “L’attività investigativa ha mostrato che il ruolo del mio assistito, anche per un brevissimo periodo di tempo, è sempre stato quello di autista. In un’altra occasione, ancora, ha riscosso del denaro ma, da parte sua, non c’è mai stata una concreta attività estorsiva. Senza mai parlare di trattative economiche o accordi. Questo ce lo dicono le intercettazioni. Non si configura il reato di concorso che all’imputato viene contestato. Lui è sempre stato soltanto un autista e non ha mai praticato l’attività di usura. Chiedo, per questi motivi, l’assoluzione perchè il fatto non sussiste e perché, soprattutto, non esistono prove che avvalorino il reato di usura”.

Poi è intervenuto l’avvocato Giacomo Pace, difensore di fiducia di F.A. per cui sono stati chiesti anni 9 di reclusione. “Questo episodio è soltanto un lampo all’interno del processo. Tutto è cristallizzato nella videoregistrazione in cui, per l’imputato, si evince un esercizio arbitrario delle proprie funzioni; poichè lui ha effettivamente prestato denaro, ma senza chiedere interessi usurai e ha effettivamente chiesto la restituzione del denaro prestato. E abbiamo la prova certa che nulla è stata restituito al mio assistito. Pensare che il mio assistito si sia rivolto alla camorra per soli 550 euro è assurdo. Nel suo caso, ovviamente, si è trattato solo di una scelta scellerata dettata dalla rabbia. Io chiedo la riqualificazione del fatto e non può esistere l’aggravante mafiosa. Vista la partecipazione e le sostanziali ammissioni, mi auguro, in caso di condanna, ci sia la sospensione della pena”.

La prossima udienza, adesso, è attesa per il 30 maggio; quando proseguiranno le discussioni dei difensori.