Nuovo disordine mondiale

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Intervistato dal “Corriere della Sera”, l’ex consigliere presidenziale Sergey Karaganov, ispiratore della cosiddetta “dottrina Putin”, dice che quella in corso in Ucraina è “una guerra di sopravvivenza contro l’Occidente”, mira a “scardinare un ordine costruito contro la Russia”, durerà a lungo e, se la Nato continua ad intervenire inviando armi a Kiev, coinvolgerà anche l’Europa (un’escalation “diventa sempre più probabile”). Intanto l’orrore suscitato dalla pubblicazione di foto e filmati che documentano le rappresaglie dei militari russi contro civili, donne e bambini, allontana la prospettiva di una ripresa del dialogo fra le parti in conflitto e tanto più di una tregua, mentre gli analisti militari prevedono che la battaglia si accenderà presto nell’est del paese, dove si stanno ammassando truppe e mezzi pesanti su entrambe le linee del fronte. La guerra ha una sua logica che può sfuggire di mano anche ai più cinici calcolatori fino ad imporre le sue ragioni anche alla politica. Una delle conseguenze più visibili è al momento la crisi del multilateralismo e la rinascita del nazionalismo degli Stati, cui fa da specchio il prevalere delle alleanze militari sugli organismi intergovernativi. L’impotenza dell’Onu è stata denunciata con accenti diversi dal presidente Zelensky e da Papa Francesco, e anche l’espulsione temporanea della Russia dal Consiglio dei diritti umani, decisa su richiesta degli Stati Uniti, non è una buona notizia perché pur nella chiarezza dei numeri (93 favorevoli, 24 contrari, 58 astenuti), rappresenta una prova generale della divisione in due del mondo, che è ciò che il Cremlino vuole, convinto di poter assumere insieme alla Cina, magari in posizione subordinata, la guida dell’altra metà. Per l’Occidente può essere una sfida mortale. Alla quale si risponde, appunto, con l’espansione della Nato, alleanza militare difensiva che si sta via via sostituendo alle strutture politiche europee e transatlantiche che avevano governato gli assetti mondiali dal secondo dopoguerra. La guerra fredda non divide più in due solo l’Europa ma l’intero pianeta. Al vertice del Patto atlantico di Bruxelles, giovedì scorso, hanno partecipato insieme ai 30 ministri degli Esteri dell’Alleanza altri otto partner, quattro europei (Svezia Finlandia, Georgia e Ucraina), due asiatici (Giappone e Corea del Sud), più Australia e Nuova Zelanda. La Germania ha annunciato un piano di riarmo che ne farà presto la terza potenza militare al mondo, e il Giappone è avviato sulla stessa strada. Le polemiche italiane sull’aumento al 2% del Pil della spesa militare sembrano dispute da cortile, eppure i sondaggi d’opinione continuano a registrare una persistente resistenza alla direzione impresa dal governo alla politica di sicurezza.   Se fino a ieri la Russia lamentava, a torto, di essere circondata da una Nato solamente europea, da domani avrà molte più ragioni geopolitiche da far valere; e non è detto che il nuovo ordine mondiale che si prefigura sarà capace di garantire maggiore sicurezza all’umanità. Intanto perché l’aumento delle spese militari sottrae risorse a comparti non meno vitali, dalla sanità al controllo dei cambiamenti climatici, dall’istruzione alla lotta alla fame. E poi perché da sempre nella storia una deriva bellicista si è manifestata inizialmente in forma di riarmo. Ma se succede anche questa volta non ci sarà una prova d’appello.

di Guido Bossa