Oltre lo specchio. Apparire o essere: questo è il problema

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La bellezza talvolta rappresenta un ostacolo al raggiungimento degli obiettivi, confida Angela Tuccia attrice: “il pregiudizio vuole che essere bella, equivalga ad essere stupida e così diventa faticoso ogni volta dover dimostrare il contrario e umiliante sentirsi dire ai provini, inadeguata al ruolo perché troppo bella, tanto che spesso cerco di presentarmi con le occhiaie, truccata male o addirittura disegnandomi le rughe!”. Eppure, in una società schizofrenica, in cui l’apparire predomina sull’essere, si agogna la perfezione, si cerca di superare il benché minimo difetto fisico, ostacolo al successo sociale e spesso, soprattutto, alla sicurezza in noi stessi. Forte dell’esperienza di tirocinante in una clinica di chirurgia estetica, nonché di quella di modella e attrice, quest’ultima, l’attività preferita, Angela ha tratto ispirazione da storie vere, che immancabilmente si intrecciano anche con la sua vita, per scrivere il suo primo libro. In un parallelismo con i personaggi in cerca d’autore di pirandelliana memoria, l’autrice cerca di indagare nella psiche dei sei protagonisti, per i quali la medicina estetica si trasforma quasi in una sorta di medicina sociale, preventiva, curativa e riabilitativa. Sei storie che cercano di rivelare cosa si nasconda nelle vite interiori dei protagonisti al di là dello specchio, originale elemento narrante: il riflesso della nostra anima, i desideri inespressi? Cosa conduce alla spasmodica ricerca della perfezione, a non accettare difetti fisici? E sono davvero sempre difetti fisici, talvolta lievi, quelli che intendiamo correggere o non piuttosto la smania di superare frustrazioni e disagi interiori tramite la bellezza, passepartout per il successo e per sentirci più sicuri, accettatati, amati? Talvolta sono gli altri, persino i nostri stessi genitori, vittime dei pregiudizi di una società malata, a vederci con difetti che nemmeno percepiamo, come nel caso di Dumbo Jumbo, il bambino con le orecchie a sventola che la madre vuol correggere a tutti i costi, tanto da sottoporlo a stressanti visite chirurgiche. O come della ragazza down a cui si vuol cambiare il taglio degli occhi per “normalizzarla”, mentre lei è perfettamente a proprio agio con la sua condizione. Altre volte, ricorrere alla chirurgia, nasce dalla volontà di migliorare l’esistente, come nel caso della donna ormai anziana, che mira a recuperare l’intimità perduta, con l’uomo della sua vita, o nasce dal non sentirsi a proprio agio con il sesso di appartenenza.                                                                                                                                        Il lavoro, che si avvale della prefazione di Massimo Giletti, stimola una serie di domande: è giusto rimuovere i difetti, fino a stravolgersi, così come cercare di fermare gli effetti del tempo o è invece preferibile trasformare i propri inestetismi in punti di forza, tratti distintivi, rispetto a canoni estetici omologanti? Paolo Mezzana, specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica, che cura l’epilogo, evidenzia come il chirurgo sia a sua volta investito di un ruolo di grande responsabilità: prima ancora che medico, deve saper essere psicologo, indagare sui motivi che portano un paziente a chiedere il suo intervento e se necessario, dissuaderlo.                                                                                              L’autrice è consapevole che la bellezza è energia dinamica, non si può imbrigliare, ma è possibile coltivarla accettandone i cambiamenti: “la vera bellezza, quella che non ti lascia sola, che non ti tradisce e non si trasforma in ossessione è dipinta sul viso di chi ha pianto e ora sorride, è nei segni che la vita ci lascia addosso, è nelle piccole rughe che ci raccontano emozioni e brividi a pelle, è in tutto ciò che proviamo dentro e si manifesta fuori… è la nostra unicità che ci rende perle rare”. Trovare il giusto equilibrio tra come si è e come la futile società dell’apparenza, vorrebbe imporci di essere, è la vera sfida per creare un’identità forte, perché a dominare la nostra vita sia la l’essere, ovvero la sostanza, fatta di valori etici e morali, che è necessario e urgente ripristinare in ogni campo dell’agire umano, dal personale, al sociale, fino a quello politico, giunto a un’inesorabile decadenza.

Floriana Mastandrea