Parole chiare 

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C’ è un irresistibile cattivo odore che attraversa la città. Ci sono ambigui personaggi che si agitano e che non vogliono perdere il controllo sugli affari cittadini. C’è una miserevole probabile alleanza tra chi ha consentito di disamministrare Avellino e chi, da straniero, vorrebbe garantire la prosecuzione dello scempio. Questo magma si agita nel Pd irpino che, fra qualche mese, sarà chiamato per contribuire al rinnovamento della classe dirigente comunale. Stimo molto Cosimo Sibilia e ritengo che la sua proposta per un sindaco autorevole e trasparente per la città sia motivata dal desiderio di porre fine al degrado che è sotto gli occhi di tutti. Non credo, come alcune interpretazioni al suo dire parrebbero indicare, che egli voglia ragionare solo per strategia politica e non nell’interesse della città. In soldoni: alleanze trasversali per recuperare vecchi cadaveri non sono nei suoi progetti. Sia chiaro: dopo il voto del 4 marzo può accadere di tutto. Anche che la tumultuosa avanzata del M5s abbia esaurito la sua spinta propulsiva. Per cui la partita, a mio avviso, si gioca in campo aperto. Il pericolo è il qualunquismo che potrebbe legittimare la riorganizzazione del vecchio potere. L’obiettivo, invece, deve essere quello di garantire una trasparente gestione della politica cittadina. A cominciare dalla vicenda urbanistica, per finire a quella del corretto funzionamento della burocrazia. In questo quinquennio la città è stata prigioniera di vicende poco chiare. Dalla chiusura della stagione teatrale al Gesualdo, ai ritardi del tunnel, dagli incredibili ritardi per la Dogana, alla Bonatti la cui percorribilità slitta di mese in mese. E non solo. La gestione clientelare dei servizi cittadini, dal traffico al Piano di zona, hanno segnato il momento più alto del degrado avellinese. Chi ne è responsabile non dovrebbe avere la faccia di bronzo di ripresentarsi per chiedere il consenso.
Eppure alcune attuali circostanze inducono a pensare che qualcuno, anche autorevole, pensa di poter continuare indisturbato. Occorrono parole chiare. Recupero nella memoria vicende del passato recente relative al voto amministrativo in città. Come quella che ha segnato il percorso dell’amministrazione di Paolo Foti. Egli si è trovato a fare il primo cittadino forse solo per caso. Cooptato, scelto per consentire ad altri la gestione del potere. Foti, fino a prova contraria, e nonostante i tanti avvisi di garanzia, che per un sindaco come oggi vanno le cose sono un fiore all’occhiello, era, prima di diventare sindaco, un eccellente e rigoroso critico delle condizioni in cui versava la città. Poi, forse per mancanza di esperienza, o per scarso decisionismo, o perché prigioniero del ricatto dei burocrati, o ancor per poca autorevolezza, o perchè abbandonato dal partito che lo aveva espresso, non è riuscito nel suo intento di far progredire la città. Ciò si evince anche dalla sua costante volontà di rassegnare le dimissioni. Un tormento che lo ha accompagnato per tutta la consiliatura. Egli nonostante avesse tentato più volte di cambiare la squadra di governo non è riuscito a ottenere risultati soddisfacenti. Resta dubbia la circostanza che tra le tante sostituzioni effettuate egli non abbia mai avvertito la responsabilità di rimuovere uno tra i maggiori responsabile del degrado cittadino. Per imposizione? Per equilibrio interno o per altro? Sia chiaro: non si tratta di fare l’esame del sangue di Foti o di indagare sulla sua indubbia trasparenza. Il problema è nei fatti: il netto fallimento che egli oggi registra e provocato da chi lo aveva quasi obbligato ad accettare. E ora? Qual è il disegno? Forse ricercare un’altra testa sui cui mettere il cappello per consentire a qualcuno di continuare indisturbato a mettere le mani sulla città? Da questo punto di vista i nomi che circolano destano perplessità e anche le trasmigrazioni che si sono registrate sono sospette. Tuttavia ci sono altre nubi che si addensano nel cielo del capoluogo. Non svelo una novità se affermo che il vecchio potere, una volta diviso tra la sorte della città e quella della provincia si stia ricompattando. Ad Avellino l’egemonia era di esclusiva competenza di Mancino, mentre De Mita aveva il controllo sull’intero territorio provinciale. Poi la guerra intestina. Le scelte diverse e la separazione nella scelta dei candidati per il Comune capoluogo: Foti contro Dino Preziosi, poi scomparso anche dal cuore di Federico e trattato senza riguardo. Ora, per quanto è dato sapere, il timore di perdere la gestione della città potrebbe obbligare i vecchi contendenti ad appendere le armi al chiodo per avviare una specie di alleanza trasversale contro chi potrebbe determinare un cambio degli scenari. Ci sarebbero già in azione mediatori all’interno del Pd pronti ad avviare trattative. Sponsor che vanno dall’ex senatore De Luca, che avrebbe rifiutato di accettare la candidatura a sindaco (mai dire mai) alle truppe decariane, di recente nascita, pronte a favorire un’intesa. Si dirà: ma Umberto Del Basso De Caro, attuale sottosegretario nel governo Gentiloni e rieletto in Parlamento il 4 marzo, non è forse lo stesso che in campagna elettorale aveva ammonito gli elettori a non votare chi, anche se alleato, aveva combattuto il governo Renzi e il Pd? Misteri della politica. O meglio virtù dell’incoerenza. Vedremo che cosa accadrà. Certo è che a verificare i “si dice” ci dovrebbe essere una vera e propria esplosione di liste civiche: si annunciano, per ora, quelle di Luca Cipriano, con Ossigeno, di Cittadini in movimento di Passaro, di medici impegnati in politica, di cattolici che si aggregano intorno al nome di Bellizzi, di commercianti che preparano il simbolo di una bici colorata, oltre naturalmente ai dissidenti del centrodestra ufficiale (Forza Italia se non dovesse passare l’appello di Cosimo Sibilia), di Fratelli d’Italia, ricompattato dopo l’esperienza elettorale del sindaco di Mercogliano, Massimiliano Carullo, e così via. Non escludendo, tuttavia, una ricomparsa sulla scena di Dino Preziosi, del presidente dell’Ordine degli avvocati Fabio Benigni o del presidente dell’Ordine dei commercialisti, l’ottimo Francesco Tedesco. Insomma ne vedremo delle belle. Ma è proprio questo che serve alla città capoluogo? Sono le cricche o le vecchie ammucchiate o le sorprese da incappellare che possono aiutare la città ad uscire dalle tenebre in cui è caduta? Credo di no. Penso, sinceramente, che occorre una grande responsabilità delle forze politiche e il coraggio di innovare la classe dirigente. Sono convinto che senza parole chiare, e un programma ben definito, le scene di malgoverno siano destinate a ripetersi. L’appello che mi sento di fare oggi, e che al di là della politica di scambio e delle appartenenze per convenienza, è giunto il momento di aprire le stanze e respirare aria pura, indicando persone in grado di risollevare le sorti della città. Trasparenza, autonomia, determinazione a risolvere i problemi, amore per la città e spirito di servizio per il bene comune sono le qualità che occorrono per dare credibilità ad una classe dirigente che ha davanti il difficile compito di far rinascere Avellino.

di Gianni Festa edito dal Quotidiano del Sud