Pasquale, da Atripalda a Genova: “Sento ogni giorno i miei ex colleghi di Pavia. Il loro un lavoro impagabile”

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“Sono arrivato a Genova nel mese di dicembre dopo dodici anni trascorsi al San Matteo di Pavia”. Non nasconde la sua preoccupazione per la rapidità del contagio Pasquale Esposito, atripaldese doc “Ho vinto un concorso all’Università. Oggi insegno e sono dirigente medico al policlinico San Martino di Genova. Eravamo pronti come ogni anno a festeggiare la Giornata Mondiale del Reno nelle piazze e nelle scuole con porte aprte in nefrologia. Ma la diffusione del coronavirus ci ha costretto ad annullare tutto. In compenso con la Fondazione Italiana del Rene abbiamo attivato un numero verde a disposizione di chi soffre di malattie renali. Fino a qualche settimana fa la situazione era abbastanza tranquilla qui. Ma ormai aumentano i casi anche a Genova i primi casi. Parlo spesso con i miei ex colleghi di Pavia. Lì la situazione è terribile, un intero ospedale riconvertito per trattare i pazienti affetti dal Covid-19 , nel tentativo di trovare nuovi posti per la rianimazione. Medici e infermieri fanno turni massacranti. Ma continuo ad essere convinto che se c’è un posto dove si può reagire a quello che sta accadendo con rapidità, competenza e umanità è proprio il San Matteo. Purtroppo, il rischio è che di fronte al dilagare dell’emergenza ci sia meno tempo e attenzione per chi soffre di altre patologie”. Spiega come “Non ho mai pensato di tornare a casa. Non scendo in Irpinia da settembre, avevo anche acquistato il biglietto del treno per la settimana scorsa. Poi l’emergenza….questo è il mio lavoro, il mio posto è qui. C’è bisogno di me oggi più che mai. Poi, i miei genitori sono anziani. Sarebbe stato da irresponsabile tornare. Ormai usiamo sempre la mascherina nel trattamento dei pazienti e se abbiamo a che fare con pazienti sospetti dobbiamo seguire un lungo iter per assumere tutte le precauzioni necessarie, a partire dalla vestizione. Il problema che riguarda tutti gli ospedali d’Italia è che abbiamo un numero limitato di risorse per il fabbisogno che richiede una simile emergenza, a partire dalle mascherine. Quanto all’università anche le lezioni ormai sono in streaming”. Spiega come la vita sia “ormai scandita dall’emergenza. Quando torno a casa sono di solito stanco ma ovviamente cerco sempre di documentarmi e leggere nuovi articoli sul Covid, magari a partire da qualche link segnalato da gruppi di colleghi su whattsap. Poi riceviamo dall’ospedale continui aggiornamenti sulle disposizioni in materia di sicurezza. Per fortuna non sono solo, vivo con la mia compagna che è rianimatrice al Gaslini di Genova. Diciamo che il pensiero va sempre lì. Anche qui la città è deserta. Per fortuna abbiamo il mare che ci dà un po’ di ristoro”