Pd -Ala, patto contro natura

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La fiducia al governo, apertamente proclamata con il colpo…d’Ala (Alleanza liberal- popolare Autonomie, gruppo di verdinian- cosentiniani, ex berluscones ed ex-craxiani) può aprire una nuova fase negli assetti politico-parlamentari del nostro Paese. Fase ancora inesplorata e dagli esiti imprevedibili. Comunque segnata – per ora – dall’ affermazione tattica del berluschino – premier e del suo sodale toscano, explenipotenziario berlusconiano. Finalmente è uscito dalla clandestinità parlamentare l’oscuro legame, non solo politico, tra due esponenti. Quelli che sarebbero dovuti essere avversari. E però non lo sono mai stati. Le intese che li hanno sempre legati sono emerse dai bassifondi parlamentari degli inciuci inconfessabili, dei chiacchiericci da corridoio, degli accordi sottobanco in cui erano state per forza di cose relegate. Per mesi il soccorso del molto variopinto gruppo Ala era stato negato. Poi fatto passare come appoggio tecnico a singole norme condivisibili. Quindi, con l’infittirsi dei voti a favore, ammantato delle lodi al profilo riformatore del premier per garantire quorum e maggioranze assolute. Poi, le tre vicepresidenze delle Commissioni parlamentari cedute da Pd e fatte passare come intesa istituzionale. Infine, la fiducia. Così il capogruppo Barani ha potuto liricamente affermare: "Non chiediamo posti, non c’è nessun mercimonio. Ci interessano le riforme, l’ammodernamento dello Stato, lo sviluppo". Poi, consapevole degli accenti un pò da Pinocchio: "Ci crediamo davvero, anche se può sembrare assurdo". Come in ogni democrazia, è un fatto positivo che si sia usciti dall’equivoco parlamentare di un gruppo che era formalmente contro il governo ma che quasi sempre votava a favore, talvolta risultando addirittura determinante per garantire quorum e maggioranza assoluta. Poiché i verdiniani hanno assicurato che in futuro voteranno sempre la fiducia, forse spetterebbe al Presidente della Repubblica chiedere ad governo un passaggio parlamentare per rendere ufficiale la nuova maggioranza. Su cui pesano tutte le ombre di questo passaggio politico. Evidenziate efficacemente dal vecchio ex-tesoriere del pci Sposetti: "La verità è che con un colpo solo è avvenuto un doppio cambiamento. È cambiata natura del Pd, che è diventato un partito cattolico-moderato. Ed è cambiata maggioranza, con Verdini. Perché al paese mio se uno vota la fiducia è in maggioranza". E Verdini, con la sua ostentata rivendicazione ("Noi siamo il paracadute che impedisce al governo di schiantarsi… senza di noi il governo non ha la maggioranza") ha rivolto un chiaro messaggio alla minoranza dem del tipo: se mancheranno i vostri voti, ci saranno i nostri! Questo stato di cose è destinato a inasprire i rapporti interni al Pd. Accrescere i sospetti reciproci. Ingigantire le incomprensioni. Rafforzare le volontà di rivincita. E forse creare distanze difficilmente colmabili. Certamente porterà a un periodo di forti tensioni che rischiano di avere un peso politico e anche elettorale, a cominciare dalle prossime importanti scadenze. Il deterioramento dello stato dei rapporti politici interni è misurabile dalle indiscrezioni sussurrate negli ambienti parlamentari in un "sinistro tintinnar di sciabole". Un fantomatico complotto anti-renziano Prodi-D’Alema- Letta. O, dall’altra parte, presunte liste di proscrizione dei candidati della minoranza nel Previti- style del "non-faremo-prigionieri". La stessa richiesta di un congresso anticipato con un candidato alternativo forte, avanzata da esponenti di prima fila della minoranza a causa del cambiamento della identità del partito, si inquadra in una strategia tesa e tenere alta la tensione interna. Dietro questo fuoco di sbarramento, tuttavia, potrebbero nascondersi i fili di una ipotetica trattativa con Renzi. Il quale non sarebbe disinteressato ad andare avanti senza scossoni fino a portare a casa la rielezione a segretario non avendo contro alcuna candidatura dirompente, al di fuori di quella "lealista" del governatore della Toscana. Questo in cambio di un congruo numero di esponenti della minoranza ricandidati tra i capilista bloccati! Per far andare tutto liscio alle scadenze elettorali il premier potrebbe essere tentato dalla trattativa, evitando l’altra strada – non priva di incognite – dello showdown con la decimazione della rappresentanza parlamentare della minoranza interna. Se invece qualcosa andasse storto alle amministrative o peggio al referendum, rischierebbe di saltare addirittura il berluschino, nonostante la sua volontà di durare imbarcando chiunque dovunque. Non sarebbe solo il tramonto di un oscuro avventuriero politico che ha puntato tutto sulla presunta fine di ogni distinzione tra sinistra e destra. Forse sarebbe anche l’implosione di un Pd privo ormai della sua identità storica. E incapace di crearsene una nuova, nonostante le crescenti disuguaglianze chiedano più "sinistra", non la sua fine.
edito dal Quotidiano del Sud