Pd tra doveri e tentazioni

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Negli ultimi giorni, il Pd sembra essere percorso ancora una volta da quella sorta di male oscuro che ha dominato alcuni dei passaggi più significativi della storia della sinistra italiana: il masochismo. Infatti è davvero poco spiegabile, se non con un malsopito desiderio di farsi male, l’ambaradam scatenatosi dopo le inopportune dichiarazioni del sindaco di Bergamo Gori sulla necessità di una nuova leadership del Pd. Per rafforzare anche l’azione del governo, chiamato ad affrontare una delle sfide più difficili – peraltro senza precedenti nella tipologia e nelle proporzioni – cui il nostro Paese sia stato sottoposto dal dopoguerra. Durante la cosiddetta prima Repubblica, i dirigenti politici sapevano bene quali conseguenze avrebbero potuto avere dichiarazioni pubbliche dure i. Infatti, spesso le lotte correntizie o fra partiti venivano condotte in modo che non avessero conseguenze sulla tenuta degli esecutiv. Le prese di posizioni pubbliche, non a caso fatte risaltare sulla stampa, erano quasi sempre quelle volutamente destinate a provocare sensibili conseguenze sul quadro politico. Nella situazione odierna sembra che sia svanita come neve al sole, nei comportamenti dell’attuale classe politica, quella coesione nazionale tanto auspicata dal Presidente della Repubblica e richiesta a gran voce dalle popolazioni più colpite e da un mondo produttivo in forti difficoltà! Salvini e Meloni, con varie e quasi mai convincenti spiegazioni, hanno finora sostanzialmente rifiutato qualsiasi forma di collaborazione. Anche di quelle nella diversità dei ruoli. Addirittura sono giunti all’inaudito tentativo di strumentalizzazione politica del 2 giugno! E questo era già noto. Meno prevedibile era che, anche all’interno delle forze di maggioranza, si aprisse improvvisamente il vaso di Pandora dei distinguo, delle prese di posizione singole, dei giochetti furbeschi. In questi si è distinto Renzi, relegato dai sondaggi in posizione assolutamente marginale. Fa la sua parte il M5S, diviso al suo interno su troppe cose. E ora incapace di trovare sintesi politiche soddisfacenti sui dossier più spinosi. E soprattutto di scegliere tra quello che è stato e quello che oggi rappresenta. Fino al punto di annunciare candidature proprie in diverse regioni. Favorendo così il centro-destra. Disegno – se disegno c’è – assolutamente incomprensibile. Ancora più incomprensibile – come ha sottolineato Zingaretti – se dovesse essere solo il prodotto incosciente di una gravissima sottovalutazione del rischio – Salvini. Evitato per ora grazie anche alle oscure circostanze che lo hanno spinto a liquidare il governo con il M5S, ma comunque sempre in agguato! E ora crescono i sospetti su un gioco, se non concertato almeno convergente, tra Salvini, Renzi e Di Maio & C. Questa sensazione che va facendosi strada ha fatto vedere rosso a diversi esponenti del Pd. Le loro dichiarazioni, tuttavia, hanno avuto l’effetto, oltre che quello di dare l’idea di una maionese impazzita, di indebolire l’immagine del governo. Ora, se è lecito sollecitare il premier e l’esecutivo, è doveroso tener conto delle conseguenze di avventate dichiarazioni pubbliche in una società della comunicazione. Appaiono dannosi i rilievi pubblici severi. Essi, con il loro carico critico nei confronti della pur compassata gestione zingarettiana, hanno fatto scattare il nervo scoperto, quello di un possibile congresso. Questione su cui il Pd è sempre molto sensibile, avendo rifiutato (tranne nel caso di Renzi) di varare leadership solitarie. Anche oggi gli equilibri interni sembrano basarsi su più voci e su una divisione di competenze non scritta. Equilibri che rischieranno di risentire delle conseguenze politiche del voto del 20 settembre, se le urne dovessero segnare una netta vittoria del centro-destra. Tuttavia, il modo migliore per una forza come il pd che intende garantire la tenuta del Paese non è certamente quello di abbandonarsi ad un confronto scomposto e fuori tempo sulle tematiche congressuali. Bensì di fare in modo di assicurare all’esecutivo quella compattezza e quella rapidità di decisione necessarie per evitare di trasformare il prossimo, difficile autunno in una débacle politico-strategica!

di Erio Matteo