Perchè difendo Iannace e quello che non ha detto

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Sono dalla parte di Carlo Iannace. Senza perifrasi e restando rispettoso della legge. La mia è una scelta di campo chiara, netta e decisa. In essa non conta l’amicizia e poiché c’è, non vale per quello che scriverò oggi. Men che mai condivido il giudizio tranchant che in queste ore viene fatto anche da alcuni commentatori. Sul ruolo della Magistratura, mi attengo, come è doveroso, al dettato costituzionale secondo cui c’è presunzione di innocenza fino a condanna definitiva.

Eppure questa vicenda, al di là delle responsabilità personali, maggiori o minori, a seconda del caso, apre uno spaccato su uno dei settori più sensibili della vita sociale, quella sanità che mai nessuno riuscirà a portare a regime perché troppi, enormi sono gli interessi che attraversano l’intera filiera: dal medico di base al luminare cointeressato tra pubblico e privato. Parlo di un sistema, al di là delle persone, che è il più consolidato nel nostro Paese, e per questo il più corrotto e immorale, di tanto in tanto scosso da qualche tempesta che dura qualche giorno. Poi, si sa, tutto torna come prima: con il medico che non rilascia ricevuta fiscale se vuoi lo sconto per la visita effettuata, con il ticket gestito con metodi clientelari, con i farmaci che inondano le case, con la indecenza delle interminabili liste di attesa, con il rinvio agli studi medici privati per effettuare costosissimi esami di laboratorio e quanto altro fa parte di questa specie di catena di Sant’Antonio. Si tratta della nostra salute, a volte di questione di vita o di morte. E’ proprio questo che rende inoffensivo il cittadino-utente di fronte ad un potere quasi sempre arrogante che molto spesso cancella dalla memoria lo spirito di servizio di Cardarelli, di San Giuseppe Moscati e di quanti altri fanno una scelta di vita in favore degli ultimi. Io penso che Carlo Iannace non solo non sia un delinquente, ma è soprattutto un ingenuo. Ha delle responsabilità che sono conseguenza del sistema che lo ha travolto del quale, io credo, sia diventato inconsapevolmente complice. Lo testimonia questa sua ossessiva domanda: ma cosa ho fatto? Alla quale aggiungo la mia: ha sbagliato o è stato tratto nell’errore? E’ stato utilizzato da chi forse aveva interessi a supportare il sistema? Sono interrogativi che la giustizia nel suo percorso rigoroso dovrà sciogliere.

C’è un ulteriore aspetto che da questa vicenda emerge ed inquieta. In Irpinia è in atto una sorta di rivoluzione silente tra la sanità pubblica e quella privata. Il pubblico arretra sempre più. L’ospedale di Bisaccia, voluto da Salverino De Vito nel dopo terremoto, è stato cancellato per diventare centro di prima accoglienza-laboratorio, senza branche specialistiche, né pronto soccorso. A Sant’Angelo dei Lombardi le cose vanno un po’ meglio sia per l’abnegazione del personale sia perché la sanità privata con la don Gnocchi (Fondazione) assicura, in stretto rapporto con l’ospedale una eccellente riabilitazione. Anche Ariano con il suo ospedale non vive tempi facili, senza dire che a Solofra lo smantellamento delle specializzazioni è in continuo itinere ed è in corso un confronto serrato con la Regione per evitarne la cancellazione. Questo è il pubblico. Dall’altra parte c’ è un proliferare di iniziative private, oltre quelle storiche che pure hanno cambiato pelle, in una concentrazione che preoccupa non poco.

La domanda è: perché il pubblico muore e il privato avanza sempre di più? Ovvia la risposta: il pubblico è costretto a tagliare, il privato si deve arricchire. E le due realtà non sono in contraddizione tra loro perché spesso pubblico e privato fanno riferimento agli stessi soggetti che alla sanità pubblica concedono il tempo contrattuale e a quella privata tutto il tempo che resta. Queste riflessioni, modeste ma frutto di lunga osservazione, intendo consegnare oggi alla Procura della Repubblica di Avellino, in particolare a quel galantuomo di Rosario Cantelmo il quale con il suo pool di magistrati seri e sereni, è sempre di più riferimento in una città che, per i suoi antichi e nuovi problemi, è un pozzo senza fine di storie mefitiche. A lui rivolgo un appello: mi aiuti a capire, se posso permettermi, perché oltre l’Alto Calore, l’Urbanistica, le gestioni del Comune capoluogo e quanto altro inonda la sua scrivania, non rivolge il suo sguardo anche al mondo della sanità? Probabilmente mi sbaglio, perché, è mia convinzione che un magistrato valoroso, come lui è, forse ci sta già lavorando da tempo.

Avrei una spiegazione: il sistema politico in Irpinia ha infettato quello della sanità. E’ stato un indecente matrimonio. Di quelli che nel Mezzogiorno si consumano quasi quotidianamente. Non dimentichiamo la caccia al medico di famiglia in base al criterio del numero degli iscritti sul famoso libretto da mettere in lista, i primari nominati in una notte a volte senza merito, la pressione esercitata dai medici sui pazienti per la cattura del consenso. Forse questo voleva denunciare Iannace nella sua reprimenda post condanna e se ha alzato il tiro della polemica non ha fatto male perché, magistratura a parte (qui un suo clamoroso errore emotivo), il suo obiettivo era quello di indignarsi non contro l’operato dei giudici, ma semplicemente di chi ha fatto da testimone di questo indecente matrimonio tra politica e sanità. E’ questa infezione che bisogna debellare, mentre nuovi centri specialistici per la cura della mammella avanzano anche in Irpinia. Volutamente, infine, non ho inteso entrare nella polemica politica. A dire il vero mi interessa poco. Penso, però, che alcune battaglie fatte da Iannace contro la speculazione sanitaria, a difesa dell’ambiente con la moratoria per le pale eoliche, una presenza fattiva e costante sul territorio per onorare il mandato di rappresentante in consiglio regionale, abbiano infastidito i signori del potere e del danaro, quelli che si chiamano poteri forti.

edito dal Quotidiano del Sud

di Gianni Festa