Wim Wenders torna al cinema di finzione dopo sette anni da “Submergence” (2017, da un romanzo di J. M. Ledgard e sceneggiato da Erin Dignam) con un’opera che lo riaggancia alle origini del suo fare cinema. Lo fa con “Perfect Days”, in programma lunedì 12 febbraio, alle 18.15 e alle 21, nell’ambito della rassegna dello Zia Lidia. Una pellicola capace di riconciliare con il mondo, di raccontare un diverso sguardo sulle nostre esistenze
Aiutato nella scrittura da Takuma Takasaki, è un ritorno al Giappone dopo circa quarant’anni dal suo personale “viaggio” a Tokyo (“Tokyo-Ga”, documentario girato nel 1983 e montato insieme alla compianta Solveig Dommartin – presentato a Cannes due anni dopo) che già era una verifica di quanto la metropoli fosse cambiata rispetto alle rappresentazioni fattene da Yasujirō Ozu, suo grande ispiratore.
Lo sguardo di Wenders si sofferma sulla routine quotidiana dell’addetto alle pulizie dei bagni pubblici Hirayama (Kôji Yakusho, miglior attore a Cannes 2023, nonché attore di Imamura e di Kiyoshi Kurosawa), uomo semplice che esegue con impegno il suo lavoro ma che dedica il tempo restante alla cultura e alla bellezza. La gentilezza è il suo modo di stare al mondo e di relazionarsi con gli altri Candidato all’Oscar come miglior film straniero. Una scelta di vita che è anche “Ricordo ancora che rifiutavo nel modo più assoluto qualsiasi idea di una spiegazione psicologica […]è stato proprio questo uno dei conflitti ad ogni inquadratura: se spiegare o no qualcosa. Ed ecco perché ho ammirato tanto Ozu: ho capito che avevo visto giusto nel rifiutare di spiegare le cose, e che è possibile spiegarle più che bene solo mostrandole.” (Wim Wenders, 1976)