Corriere dell'Irpinia

Più interessi meno opinione pubblica

 

La crisi dei partiti tradizionali ma anche delle organizzazioni sindacali ha prodotto non la nascita di nuovi soggetti ma l’aumento di personalizzazione e spettacolarizzazione della politica. Un tempo il nostro paese imitava gli Stati Uniti o le grandi nazioni europee adesso si colloca alla testa di questi nuovi fenomeni. Gli esempi non mancano e sono facilmente identificabili. E così nel tempo la politica si è trasformata ed è diventata il terreno da gioco privilegiato di narcisismi, esagerazioni smodate, demagoghi. Un tempo il mezzo scelto era la televisione adesso con il dilagare del web sono i social il campo prediletto. La riservatezza e per certi versi la timidezza dei leader della prima Repubblica era un tratto della loro personalità. “Moro deve compiere un sovrumano sforzo di eroica volontà per presentarsi davanti alla televisione” scriveva il giornalista della Stampa Vittorio Gorresio. Eppure di cosa da dire ne aveva. E’ stato il teorico dell’allargamento della democrazia, il grande mediatore e l’uomo capace di cogliere i cambiamenti essenziali del paese intuendo che la DC doveva aprirsi a sinistra prima con i socialisti e poi con i comunisti, l’idea di rendere meno fragile il nostro paese colpito soprattutto negli anni settanta da nemici occulti. Oggi si va in televisione o si parla dai blog anche se non si ha niente da dire. Si fanno dichiarazioni che assomigliano a spot pubblicitari. Insomma si mette in scena un racconto di facciata dove i contenuti sono spesso assenti. La politica svuotata di ogni ideale e passione si è ridotta a piccola quotidiana gestione. L’interesse generale resta sullo sfondo e si punta ad inseguire i desideri dell’opinione pubblica. E’ così che crescono le paure e si alzano gli steccati. Le piccole patrie di cui parlava Andreatta o le piccole ambizioni già delineate da Gramsci che nei Quaderni dal carcere scriveva “il demagogo deteriore pone se stesso come insostituibile, crea il deserto intorno a sé, sistematicamente schiaccia ed elimina i possibili concorrenti, vuole entrare in rapporto con le masse direttamente”. Parole scritte nelle prigioni fasciste quasi novant’anni fa ma che sembrano di una stringente attualità. La contrapposizione classica destra-sinistra è sempre più sbiadita. Affidarsi ad una singola personalità e non ad un gruppo organizzato è diventata la scorciatoia percorsa dagli elettori. E il leader oggi non sceglie ma punta ad inglobare tutto, a mostrarsi se occorre moderato o estremista, a far prevalere sempre l’opportunismo del momento. La ragione principale è che i governi di qualsiasi colore siano vengono contestati e demonizzati e si va continuamente alla ricerca di altre strade. Quello che è accaduto con il referendum costituzionale è emblematico di questa “ribellione”. La crisi economica c’è e le ricette dei vari esecutivi sono state tutte insufficienti. E così Renzi soprattutto al Sud non ha perso nel merito della riforma, ma è stata bocciata la sua azione di governo con percentuali altissime. Il 68,5 in Campania, il 67 in Puglia e Calabria, il 71 in Sicilia, il 72 in Sardegna. Tutte regioni guidate da governatori del partito democratico anche se in Puglia Emiliano era schierato per il No al referendum. Alle elezioni politiche manca tempo. Si voterà probabilmente nel 2018. I sondaggi attuali danno favoriti i cinque stelle. Il movimento grillino si dice pronto a governare e le sue ricette in campo economico puntano sul reddito di cittadinanza mentre in politica estera resta la distanza con l’Unione europea considerata da Grillo una nave di folli. L’insistenza dei grillini sull’Europa è però centrale perché la vera divisione passa dal rapporto con l’Unione. E in questo senso determinante per il futuro sarà il voto francese di domenica prossima, decisivo per fare o disfare l’Europa.
edito dal Quotidiano del Sud

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