Primo maggio, si festeggia la speranza

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Che cosa dovremmo festeggiare? Il lavoro che non c’è? La crisi occupazionale determinata dalla pandemia? L’aumento della povertà che ha raggiunto livelli insopportabili? Oppure la fuga dei cervelli dei nostri giovani per paesi assai lontani?

Tutto questo c’è. E non è smentibile. Come pure è vero che nel Mezzogiorno la crisi ha acuito quella malapianta della criminalità che attraverso l’usura ha messo in ginocchio la già debole economia. No, oggi dobbiamo festeggiare la speranza per il futuro. Che non è solo immaginazione, ma è nei fatti. Il più importante è nel Recovery plain che in queste ore sta raggiungendo Bruxelles, l‘Europa. Un’occasione irripetibile.

Paragonabile solo a quel Piano Marshall che risollevò l’Italia dalle sue macerie del dopoguerra. Allora non furono solo gli aiuti economici a vincere la grande scommessa. Ci fu, anche e soprattutto, una volontà irrefrenabile che consentì all’Italia, negli anni successivi, di far parte dei Paesi più industrializzati del pianeta.

Da ciò si desume che gli aiuti non sono da soli sufficienti se non accompagnati dalla capacità di utilizzarli da parte della classe dirigente. E ciò è soprattutto vero nel Mezzogiorno in cui il ruolo delle classi dirigenti, politiche e burocratiche, non ha aiutato a bonificare i territori e a utilizzare con la dovuta celerità progettuale i fondi disponibili. Non a caso mentre le regioni del Nord utilizzano fino all’ultimo centesimo i fondi europei, nel Sud, come risulta dai rendiconti, e come più volte, da noi denunciato, finiscono in perenzione e utilizzati da altri paesi europei.

Non v’è dubbio che alcuni recenti fatti hanno riacceso i fari sulla condizione del Mezzogiorno, determinando una diversa prospettiva di speranza di rinascita. L’interesse testimoniato dal premier Mario Draghi, in questa prima fase del suo governo, è significativo sia in termini progettuali che per quanto attiene al completamento di grandi opere infrastrutturali ferme da decenni, nonostante lo stanziamento di fondi che vengono spesso distratti per altri interessi.

Lo stesso Piano Carfagna che prevede la destinazione del quaranta per cento delle risorse a favore del Sud è un ulteriore riferimento di un rinnovato impegno. E’ bene però non farsi illusioni. I progetti devono andare avanti sulle gambe degli uomini che per il passato si sono dimostrate fragili. Così come era avvenuto per l’utilizzazione del trenta per cento previsto dai governi passati.

Oggi la ricorrenza del Primo Maggio si svolge in una situazione completamente diversa rispetto al passato. Il Coronavirus ha determinato una vera e propria rivoluzione. Il lavoro è cambiato, le tecnologie hanno annullato le distanze, lo stesso smart working ha posto problemi di diverse condizioni nel modo di svolgere il lavoro. Anche da questo punto di vista il Sud sconta notevoli ritardi, come dimostrano le complicazioni della Rete non sempre supportata da mezzi adeguati.

La stessa emigrazione che negli anni ha impoverito il Mezzogiorno, le zone interne e i piccoli Comuni, potrebbe avere un ruolo diverso rispetto al passato. I territori sono chiamati ad un diverso protagonismo, progettando il futuro in una logica di globalizzazione.

Torna in campo il ruolo della classe dirigente, la sua capacità di liberarsi da antichi mali, quali il trasformismo e il clientelismo. E’ preminente la lotta contro la criminalità organizzata, la rottura di quel sistema infetto che molto spesso ha unito politici e criminali in un connubio che ha tarpato le ali ad ogni tentativo di rinascita.

La questione morale, come ha sottolineato lo stesso Draghi, è una delle precondizioni per aprire una nuova fase. Questa necessità, che ha un carattere di urgenza, presuppone una grande unità: delle forze politiche, del sindacato, dei movimenti operai e delle donne, della chiesa e del popolo del Mezzogiorno che così si assumono quella grande responsabilità che porta al cambiamento.

di Gianni Festa