Primo maggio: svegliati Irpinia

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Mai come ora. L’economia irpina ha toccato il fondo. I “fittasi”, ormai a decine, posti davanti alle vetrine delle attività economiche, dicono più di tutto che la crisi ha superato ogni limite. Come i fallimenti che si susseguono a ritmo veloce. Per non dire delle grandi emergenze: spopolamento delle zone interne, incertezza sul futuro delPolo logistico in Valle Ufita, gravissimi ritardi nella gestione di alcuni piani di zona. E non ultimo, il rischio di perdere gli obiettivi del Pnrr. Aumentano licenziamenti e povertà. L’emergenza lavoro morde, mentre non si avverte alcun segno di ripresa. I sindacati si mobilitano, ma la loro azione non trova interlocutori. La politica è assente. I suoi rappresentanti sono impegnati in uno scontro senza fine. Non solo. Hanno perso l’orgoglio del territorio offrendosi al potere regionale che discrimina le aree interne, quando non ne fa merce di scambio per fini politici. Siamo diventati la terra degli “scippi”. Prima hanno rubato le nostre acque con la complicità del governo Berlusconi, poi ora si preparano a scippare i fondi previsti per il polo logistico di Valle Ufita, con il governatore De Luca che deve accontentare il ribelle Mastella. Si avverte l’assenza di una classe dirigente politica in grado di segnare una svolta. Al contrario c’è un diffuso individualismo che non promette niente di buono. Non basta dire che la classe dirigente di un tempo, da De Mita a Bianco, ha avuto il torto di non selezionare una nuova leva. Ciò è vero, ma solo in parte. L’assenza di eredi è dovuta soprattutto alla scarsa qualità politica di coloro che oggi sono sulla scena. Sono costoro i responsabili del degrado, che agiscono per proprio conto, coltivando il proprio orticello clientelare, quasi sempre sfuttando posizioni di potere. In questo clima cade il Primo Maggio, la festa del lavoro. Essa è soprattutto per l’Irpinia un giorno di riflessione. Anzi, di grande mobilitazione. Non è un caso che il cahier de doleance vede in prima linea le tante vertenze ancora in campo. Quella dello spopolamento delle zone interne è tra le più significative. Per dare una mano alla soluzione dell’emigrazione giovanile la chiesa è scesa in campo. Le diocesi delle aree più povere della regione stanno portando avanti con i loro Vescovi una coraggiosa e civile opera di sensibilizzazione, investendo responsabilità nazionali, regionali e locali per tentare di frenare la desertificazione dei Comuni. Ma le Istituzioni sono sorde, non ascoltano, vedono il degrado e girano lo sguardo dall’altra parte. E mentre tutto questo accade, le regioni confinanti con la Campania si danno da fare con grandi investimenti. Come quello per la costruzione degli autobus della Iveco, a quattro passi da Ariano Irpino e da Grottaminarda dove l’ex Iveco, oggi Iia (Industria italina autobus) procede tra grandi difficoltà. Chi ha protestato? Quale indignazione per questo ulteriore schiaffo all’Irpinia si è levata? In realtà, lentamente, ma inesorabilmente l’Irpinia sta diventando la terra di nessuno. Gli stessi progetti per l’impiego dei fondi Pnrr sono solo all’insegna del particolarismo senza avere un obiettivo strategico di sviluppo. Come si esce dalle difficoltà? Come fare per rompere questo silenzio che uccide la speranza? E come riacquistare un ruolo non marginale nell’economia meridionale? Occorre una grande collaborazione tra i soggetti in campo: sindacati, industriali, commercianti, intellettuali, società civile. Molti anni fa il senatore Enzo De Luca, di fronte ad una forte crisi del sistema irpino, lanciò l’idea di una Conferenza programmatica per l’Irpinia, aperta a tutti. Ebbe successo. Molte cose si mossero. L’unità di intenti produsse una successiva fase positiva. Si prese consapevolezza della necessità di uno scatto in avanti. Rifarla oggi, in un momento difficile potrebbe essere una grande occasione unitaria per una provincia che deve cambiare.

Gianni Festa