Protagonismo radicato nei valori

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Sono andato anch’io, domenica sera, alla manifestazione delle Sardine irpine, davanti allo storico Istituto Regina Margherita. Più che incuriosito avvertivo il bisogno di ascoltare, possibilmente parlare personalmente con qualcuno dei manifestanti. Sono stato fortunato perché un giovane attivista – di 23 anni appena laureato – mi ha sorpreso dicendo: “Io vi conosco bene perché sono stato allievo di vostra moglie allo scentifico e ricordo quando venivate a prenderla in macchina, alla fine delle lezioni”. A parte il simpatico riconoscimento mi ha particolarmente impressionato la prontezza del riscontro, la freschezza e la chiarezza delle risposte date ad una mia precisa sollecitazione. In particolare ho domandato “nell’evocare i tanti valori comuni, nel corso di una intervista televisiva, una giovane sardina ha ricordato quello della fraternità. Nel condividere questo valore intendete recuperare il suo riferimento laico o quello cristiano?” La risposta è stata rapida: “Intendiamo recuperare e proporre insieme le due declinazioni che sono, in sostanza, narrazione e percorsi non antitetici”. Istintivamente l’ho abbracciato facendogli i migliori auguri, ricevendo come riscontro all’abbraccio l’assicurazione che sarebbe venuto a trovarmi per un dialogo da continuare, perché certamente era emerso, nonostante la diversa età, un humus sociale e culturale comune. Nella tarda serata, quando i rumori del traffico diminuiscono e il mondo circostante, materiale e immateriale, si prepara alla calma notturna, ho pensato a Gramsci quando coglieva bene l’intera gamma dei significati che si associano – o dovrebbero associarsi – in modo stretto nell’essere l’uomo fratello degli altri comuni, cioè l’essere uguale agli altri uomini e l’essere libero tra gli altri uomini. Fraternità, uguaglianza e libertà sono perciò significati, percorsi e speranze che si richiamano e s’intersecano l’uno negli altri. È questo prezioso nesso che Gramsci riconosceva formidabile fermento nella storia. La mia riflessione notturna mi conduceva a ritenere pertinente il pensiero gramsciano con i postulati del nuovo umanesimo sociale di Papa Francesco. Frattanto, prima di addormentarmi, come laico cristiano convinto promotore di una Scuola di Formazione all’impegno Sociale e Politico, intestata a Giorgio La Pira, avvertiva interiormente una nuova speranza collegata al protagonismo lucido, diverso e diversamente propositivo di questo epifenomeno, non coltivato, non indotto, ma profondamente radicato in radici valoriali – umane, culturali e politiche – che sembravano sotterrate da un virulento relativismo etico e politico sfociato nell’odio e nella paura ingenerata da chi, senza pensiero e radicamento umano e culturale solido, sceglie la pancia degli italiani come la via più facile e breve per l’accaparramento del potere.

di Gerardo Salvatore