Prove di autoritarismo

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Di Nino Lanzetta 

Meloni ha vinto le elezioni, anche se in virtù di una sciagurata legge elettorale e più del 40% di astenuti, e legittimamente ha preso il potere. Ha dimenticato le promesse elettorali ma non le sue origini e la cultura di destra nella quale è cresciuta. Ha mantenuto la fiamma tricolore (quella che brilla sulla tomba di Mussolini) ed ha messo i suoi uomini più fidati, familiari e fedeli, nelle Istituzioni senza guardare al loro passato. Così il nostalgico La Russa alla Presidenza del Senato e un leghista, dichiaratamente secessionista, alla Camera. Una volta, nella famigerata prima Repubblica, una di queste cariche era affidata all’opposizione (Iotti, Ingrao). Ha preso tutti i posti a disposizione, nominando ministri e sottosegretari anche se impresentabili e indifendibili come la Santanchè e Lollobrigida. Ha cominciato a usare un linguaggio poco consono alla carica che riveste (la tassa come pizzo di Stato!) irridendo gli avversari politici, non accettando critiche o proposte e non collaborando con l’opposizione, utile e necessaria in ogni democrazia, Si crea nemici politici e accentra a palazzo Chigi ogni potere possibile in attesa di far approvare una legge che la consacri definitivamente, il Premierato che prevede il Presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo, relegando il Presidente della Repubblica ad una funzione notarile e togliendo al Parlamento – come sta già facendoogni minima autonomia legislativa. Populisticamente promette mari e monti pur sapendo benissimo che in cassa non c’è un euro. Accusa del disastro tutti gli altri creando nemici per ogni problema non risolto in una sorta di continua opposizione come se al governo ci fossero ancora gli altri. Ha occupato la Rai e tutti i posti dove si fa cultura nel tentativo di imporre una cultura di destra che nel nostro Paese è marginale. Impazza Tele Meloni e la verità che impone nelle televisioni controllate e nei media d’area, anche con i mattinale di Fazzolari, è quella governativa. Insomma sta creando tutte le premesse per accentrare, ogni giorno di più tutto il potere nelle sue mani. Fa perfino campagna elettorale facendo comizi e imponendo candidati. Una volta, sempre nella famigerata prima Repubblica, il Presidente del Consiglio, che rappresentava tutti gli italiani, si asteneva dal partecipare alle campagne elettorali come il ministro dell’Interno: Non risponde alle domande che ritiene inopportune e ai comportamenti non chiari. Ad un anno di distanza, per esempio, non si sa ancora chi abbia dato l’ordine alle guardie costiere di Cutro di non uscire per salvare un centinaio di persone annegate a meno di centro metri dalla costa. In conclusione si sta andando verso una deriva autoritaria e reazionaria: l’aumento dell’uso del contante, la diminuzione della libertà di manifestare, il reato di occupazione di suolo e di edifici abbandonati, il rientro dei medici non vaccinati, e la continua diminuzione di diritti, sono l’esempio d i un autoritarismo che sta divenendo sempre più invasivo. Il conflitto con il Presidente della Repubblica che, a proposito delle manganellate a Pisa conto giovani studenti manifestanti a volto scoperto che “l’autorevolezza delle forze dell’ordine non si misura con i manganelli, ma con la capacità di garantire sicurezza, risponde a muso duro che “le Istituzioni tolgono sostegno alla polizia” è l’esempio più eclatante di autoritarismo che toccherebbe punte altissime nel caso passasse la legge sul Premierato. La smentita puerile e farlocca non diminuisce la gravità della situazione. La speranza è che gli elettori comincino a ravvedersi e si ripetano anche in Abruzzo i risultati della Sardegna.