Quale futuro per il governo

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Quanto durerà ancora questo governo giallo-verde? Analizzando, secondo logica la situazione che si è venuta a creare, anche alla luce dei risultati europei – non noti al momento in cui scriviamo queste note- non dovrebbe durare a lungo.  Potrebbe cadere addirittura subito se i voti della Lega superassero il 30% e sommati a quelli dei Fratelli d’Italia, potrebbero avvicinarsi alla maggioranza richiesta dall’infelice legge elettorale improvvidamente fatta votare da Renzi (il c.d. rosatellum) e indurre Salvini a passare all’incasso prima che l’onda lunga del consenso elettorale accennai a diminuire rendendo ininfluente l’apporto di Forza Italia. In ogni caso prima del varo della legge finanziaria perché l’Europa – comunque uscisse dalla consultazione elettorale-  non approverebbe un ulteriore aumento del debito pubblico (altissimo!) e un uno sforamento del tetto del 3%. Senza contare che i mercati potrebbero entrare in agitazione e determinare un aumento dello spread che è già alto (più del doppio della Spagna!) che l’Italia non potrebbe ulteriormente permettersi.

La campagna elettorale, con continue ed inusitate polemiche, perfino con insulti, ha dimostrato – se ce ne fosse ancora bisogno- che i due partiti non hanno nulla in comune, se non la spartizione delle poltrone, e che gli obbiettivi di Salvini divergono totalmente da quelli di Di Maio che è costretto, suo malgrado, a fargli da stampella per non far cadere il governo e causare la fine della sua attività politica. Le opzioni del M5S non sono molte e, se non cambia la leadership interna non si può ragionevolmente pensare a nuove alleanze anche per la strenua opposizione del PD condizionata da Renzi che controlla buona parte dei gruppi parlamentari. Altra ragione che non gioca a favore della durata del Governo è che il contratto ha cominciato a mostrare numerose crepe e i cui nodi di una diversa e parallela strategia stanno venendo al pettine. I due programmi, della Lega e del M5S, con il reddito di cittadinanza e quota cento da una parte e la flat tax e l’autonomia anche fiscale della Lombardia e del Veneto, dall’altra non sono compatibili fra loro e sconvolgono i conti pubblici. Non si possono ridurre le entrate nella speranza, tutta da verificare, che una crescita poderosa (che non dovrebbe essere inferiore al 4/5% del PIL) facesse affluire nelle casse dello Stato le entrate ridotte a seguito di una tassazione a tariffa unica (il 15%) che oltre ad essere ingiusta perché favorirebbe i più ricchi, è anche incostituzionale (art.53, 2° comma” Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”) e nel contempo aumentare la spesa sociale con quota cento e reddito di cittadinanza, oltre ogni misura sostenibile. Una seria politica economica non si può giustificare con le bufale che impudentemente ci dicono gli ineffabili Di Maio e Salvini sul recupero dell’evasione fiscale, sulla vendita del patrimonio statale o sulla spending revue (riduzione degli sprechi) di cui si favoleggia da mezzo secolo. In più c’è da bloccare il previsto aumento dell’IVA per cui occorrerebbero altri 23 miliardi, che, sommati alle spese preventivate, arriverebbero ad una novantina di miliardi, naturalmente a debito. Per queste ragioni il prossimo autunno si prevede molto caldo.

Ma si potrà far cadere il governo e farne uno nuovo senza un passaggio elettorale? Il PD ha già fatto presente che, in caso di caduta del governo, richiederanno nuove elezioni per cui la logica conclusione, stante analoga richiesta della Lega, di Forza Italia e di Fratelli d’Italia è un voto a ridosso dell’autunno che qualcuno indica già al mese di settembre.

Ma anche dopo una nuova consultazione elettorale, a meno che il panorama politico non si ribaltasse completamente con una improbabile – allo stato- vittoria dei partiti di centro sinistra, la situazione politica non migliorerebbe di molto se non con la vittoria dei sovranisti di Salvini e della Lega che farebbero da soli la nuova maggioranza, o al massimo con l’aiuto di Forza Italia (assicurando la difesa delle aziende ad un Berlusconi che accetterebbe volentieri). Nel caso che lo scenario non dovesse cambiare di molto e la Lega diventasse il primo partito in ordine di voti e il M5S e il PD, con più o meno lo stesso numero di voti, si classificherebbero al secondo posto, la situazione politica si farebbe addirittura più ingarbugliata perché il M5S dovrebbe trovare necessariamente una intesa con il PD se non vuol ricadere in braccia alla Lega. Cosa farebbe in questo caso il PD? Resterebbe ancora sull’Aventino o tornerebbe a più miti consigli per formare un governo con il M5S, magari con una formula di compromesso: un governo tecnico/politico che facesse la nuova legge finanziaria e correggesse la deriva sovranista impressa da Salvini facendolo presiedere magari da una forte personalità (Draghi?)? Certamente il PD non accetterebbe un governo a guida M5S come quest’ultimo non accetterebbe un governo a guida PD.

Continueremo ad avere un governo acefalo e con due premier che continueranno a governare facendosi opposizione, e a far danni portandoci a sbattere o andremo a nuove elezioni? Questo il dilemma al quale gli italiani non sfuggiranno. Il tempo delle chiacchiere e del rinvio delle decisioni è finito. I fatti incombono e sono decisivi.

di Nino Lanzetta