Quale Italia nel 2017?

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Il nuovo ministro degli Esteri Angelino Alfano assicura che l’Italia affronterà “da protagonista” gli impegni internazionali che l’attendono nel 2017 appena iniziato: il seggio non permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la presidenza del G7, l’organizzazione delle cerimonie per i 60 anni dei Trattati di Roma. Occasioni nelle quali, ha ammonito il Presidente Sergio Mattarella nel suo saluto alle alte cariche dello Stato il 20 dicembre scorso, “sono in gioco il ruolo e il prestigio dell’Italia”. Che gli occhi del mondo siano puntati su Roma e sul suo governo è indubbio. Ciò avverrà almeno in due occasioni abbastanza ravvicinate: il vertice straordinario dell’Unione Europea convocato a fine marzo per celebrare l’anniversario della fondazione di un’Europa unita nel nome della pace e dello sviluppo comune; due mesi dopo, a Taormina, la riunione delle sette grandi potenze mondiali dove faranno il loro esordio il nuovo presidente degli Stati Uniti Donald Trump e l’ancora sconosciuto presidente francese che sarà uscito dalle urne il 7 maggio, appena tre settimane prima del summit. Fanno da cornice a questi eventi il risorgere un po’ ovunque di tentazioni nazionalistiche, l’incertezza di fronte a fenomeni inarrestabili e disordinati come le migrazioni di massa, la pace sempre in pericolo, il terrorismo “da esportazione”, l’azzardo di appuntamenti elettorali cruciali come appunto quello francese in primavera ma anche quello tedesco in autunno, l’ondata populista che spazza il Vecchio Continente alimentando movimenti antipolitici. Insomma, un groviglio di incognite che contribuiranno ad alimentare gli interrogativi sul nostro destino comune, mai come in questo 2017 sospeso fra il vecchio e il nuovo, fra la tentazione che ognuno avverte di potersela cavare pensando solo a se stesso, e la convinzione che solo uno sforzo solidale potrà sconfiggere la “forza mortale” che secondo l’allarmata definizione del nuovo Segretario generale dell’Onu Antonio Guterres sta colpendo la civiltà umana. Due soli esempi aiuteranno a meglio comprendere l’entità della posta in gioco. Al di là della circostanza celebrativa dei 60 anni dei Trattati, l’Unione è chiamata a rispondere a quella che Mattarella ha definito una “crisi nell’attuazione del suo progetto”, e potrà farlo solo rilanciando i processi di integrazione fra gli Stati membri, adottando una politica estera comune e promuovendo efficaci iniziative di solidarietà verso l’esterno: altrimenti la crisi sarà irreversibile. A Taormina, poi, i Sette Grandi dovranno decidere se e come mantenere o modificare la linea di ostracismo verso la Russia adottata dall’amministrazione Obama, che finora si è risolta in un boomerang, come dimostra il ruolo giocato dalla diplomazia e dalla forza militare russa in Siria. Insomma, le sfide non mancano, e per l’Italia e il suo governo il 2017 sarà un banco di prova ma anche un esame severo; e a questo punto è doveroso chiedersi quale immagine di sé stia dando il nostro Paese alla vigilia della ripresa politica dopo le vacanze di fine anno. Il quadro non è affatto rassicurante. Lungi dal prepararsi agli impegnativi appuntamenti che abbiamo indicato, forze di maggioranza e di opposizione si stanno logorando in una contrapposizione che ha come sempre il sapore della sfida all’ultimo sangue, quando ormai è noto che la politica italiana non conosce vittorie o sconfitte definitive: il che può essere un bene o un male, ma è certamente un dato di fatto consolidato dall’esperienza, che dovrebbe consigliare prudenza. Si invoca il voto anticipato come lo strumento principe per uscire da una situazione di stallo che fra risultato del referendum e nascita del nuovo governo si prolunga da oltre un mese, ma intanto neppure si comincia a discutere sul sistema elettorale da adottare per il rinnovo del Parlamento, e si attende fideisticamente il responso della Corte Costituzionale sulla legge esistente (valida perla Camera ma in ogni caso non per il Senato). La circostanza, singolare nel pur articolato panorama dei Paesi democratici, che vede l’Italia unico ordinamento nel quale, in caso di chiamata alle urne, non si saprebbe con quale sistema votare, non allarma nessuno; eppure l’appuntamento col voto è il momento più importante per una democrazia, e ad esso oggi non siamo preparati. E invece di adoperarsi per colmare rapidamente questa grave lacuna, i partiti politici continuano a baloccarsi in sterili guerre di posizione.
edito dal Quotidiano del Sud