Quando tutto sarà finito
di Monia Gaita
Quando tutto sarà finito
raccoglieremo forse ancora, qualche granello di paura,
e verseremo una o due prese di diffidenza nel bicchiere.
Mescoleremo la fratellanza con l’ostilità
dentro lo stesso recipiente.
Qualche residuo verrà assorbito alla radice:
i morti su un quadratino rosso di tabella,
senza saluto e senza nome,
sepolti quasi di nascosto,
con la vergogna di essersi ammalati.
Poco sapremo della febbre, della tosse, della dispnea,
di chi su un letto d’ospedale
prova a scappare dal respiro troppo corto,
di chi condensa in vuoto freddo
il desiderio di un abbraccio.
Ci vorrà un marsupio di anni
a riappropriarci del mondo.
Ora conviene rimanere in questo metro cubo d’aria,
accumulare forza nell’esercizio del ritiro
e rifiutarsi di allacciare il corpo al corpo
come cura dell’altro.
Quando tutto sarà finito
ci ridistribuiremo nelle cose
con tutto il fluido malandato
del nostro io più vulnerabile.
E capiremo quanto la vicinanza
sia l’unico anticorpo alla disperazione,
il filo d’oro che ci cuce al tempo,
che lega il bene al cuore dei viventi.