Quanti casi Tortora

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“E’un mercato pazzerello dove trovi questo e quello e c’è pure un pappagallo con il becco giallo”. Sono le note iniziali della canzoncina che apriva la trasmissione TV “Portobello”. Il conduttore è Enzo Tortora. La prima puntata va in onda sulla rete due della Rai il 27 maggio del 1977. Quarant’anni fa. L’idea del programma è semplice ma innovativa per la televisione di allora. Un mercatino dove i partecipanti possono vendere invenzioni, a volte bizzarre, oppure cercare oggetti facendosi contattare direttamente dal pubblico a casa attraverso le telefonate. E poi c’è un momento tra l’esilarante e il grottesco. Un personaggio deve far pronunciare al pappagallo, il suo nome: Portobello. Ci riesce solo l’attrice Paola Borboni. La vera novità per l’epoca è la partecipazione della gente comune. In televisione andavano allora solo i personaggi noti al grande pubblico. Tortora apre una porta. Oggi è diventato un grande portone. In TV un quarto d’ora di notorietà non si nega a nessuno. Ma Portobello è anche all’ori gine dei guai giudiziari di Tortora. Un caso di malagiustizia che è passato alla storia. Tutto nasce dagli attacchi di alcuni pregiudicati tra i quali Giovanni Pandico che accusano il presentatore di collusioni con la camorra. L’unico contatto avuto da Tortora con Pandico è per alcuni centrini provenienti dal carcere in cui era detenuto lo stesso Pandico, centrini che erano stati indirizzati al presentatore perché venissero venduti all’asta all’interno del programma Portobello. La redazione oberata di materiale inviato da tutta Italia, aveva smarrito i centrini ed Enzo Tortora scrisse una lettera di scuse a Pandico. La vicenda si era poi conclusa, o così pareva, con un assegno di rimborso del valore di 800.000 lire. In Pandico, schizofrenico e paranoico, crescono sentimenti di vendetta verso Tortora e inizia a scrivergli delle lettere che pian piano assumono carattere intimidatorio con scopo di estorsione. Senza elementi e senza prove Tortora viene incredibilmente arrestato il 17 giugno del 1983 in una maxi operazione con oltre 800 arresti, tra i quali c’è anche il Presidente dell’Avellino calcio Antonio Sibilia. Passeranno anni prima che la giustizia chiarisca definitivamente la posizione di Sibilia, risultato assolto nei vari processi in cui era imputato. La Rai, la “seconda casa” di Tortora manda in onda a ripetizione le immagini di Tortora ammanettato. La sua vita cambia completamente. Si candida con i radicali al parlamento europeo e viene eletto ma si dimette quando arriva la sentenza di condanna a dieci anni di carcere, rinunciando all’immunità. Tre anni dopo l’inizio del suo incubo. Il 15 settembre del 1986 Tortora viene assolto. I giudici chiariscono che gli accusatori del presentatore hanno dichiarato il falso allo scopo di ottenere una riduzione della loro pena o per trarre pubblicità dalla vicenda. Tortora torna in TV, torna a condurre Portobello e lo fa esordendo con un “dunque dove eravamo rimasti”. Ma il tempo è passato. La trasmissione non ha il successo degli anni precedenti. Tortora se ne è andato per sempre il 18 maggio del 1988. La figlia Gaia in una intervista ricorda che “dalle 4 del mattino del 17 giugno 1983 l’esistenza di mio padre viene stroncata. Giorgio Bocca lo ha definito il più grande caso di macelleria giudiziaria della storia italiana. Dall’arresto di quella notte, alla piena assoluzione e infine al cancro ai polmoni che lo ha portato via sono passati 5 anni. Come spesso mi capita quando mi chiedono qualcosa su mio padre, chiudo gli occhi e cerco di riascoltare le sue raccomandazioni: date voce a chi voce non ha. Ecco oggi i casi Tortora ci sono ancora. Sono molti e non li conosciamo”.
edito dal Quotidiano del Sud