Quaranta anni fa la finale al Bernabeu

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“Avellino club Salerno”, uno striscione tutto verde compare davanti a milioni di italiani incollati davanti alla TV per vedere la finale dei mondiali 1982. Altobelli ha appena segnato il terzo gol degli azzurri alla Germania e il Presidente Pertini in tribuna si alza e dice chiaramente: “non ci prendono più, non ci prendono più”. Sono passati quarant’anni da quella magica notte dell’undici luglio, lo stadio Bernabeu di Madrid si colora anche di verde, l’Avellino di quel tempo gioca in serie A ed è una protagonista indiscussa di campionati affrontati con lo spirito da “lupi”. Al Partenio sono caduti gli squadroni del Nord: Inter, Milan e Juventus e la squadra bianconera costituisce l’ossatura della nazionale guidata da Enzo Bearzot. Gli azzurri hanno cominciato malissimo quel mondiale, tre pareggi con squadre considerate inferiori alla nostra come Polonia, Perù e Camerun. La risurrezione come per magia arriva quando il campionato entra nel vivo, con la vittoria contro l’Argentina di Maradona e di Ramon Diaz il futuro centravanti dell’Avellino. La partita successiva entrerà nella storia del nostro calcio: Italia-Brasile. Si gioca nel piccolo campo dell’Espanyol, il Sarria, a Barcellona. Nessuno scommette sulla “banda” di Bearzot che cocciutamente continua a schierare Paolo Rossi, finora l’ombra dell’attaccante che quattro anni prima aveva incantato tutti in Argentina. Pablito non ha ancora segnato un gol ed è stato seppellito dalle critiche, quasi tutti i giornalisti chiedono la sua esclusione dall’undici titolare. Bearzot però ci crede, è convinto che prima o poi si sbloccherà, il fiuto del gol non si può perdere, anche se Rossi, a causa di una squalifica per calcioscommesse, non gioca in pratica da due anni. Il tecnico friulano lo manda in campo anche contro il Brasile stellare di Falcao, Cerezo, Socrates, Junior, Eder e Zico. Due i punti deboli, il portiere e il centravanti, due ruoli chiave nel gioco del calcio. Il riscatto di Rossi in quell’afoso pomeriggio catalano, una tripletta ai super favoriti brasiliani e all’ultimo istante Zoff nega ad Oscar il gol del pareggio bloccando sulla linea il suo colpo di testa. Una partita celebrata anche in un libro di Piero Trellini “La partita – il romanzo di Italia Brasile” nel quale lo scrittore descrive minuziosamente tutti i protagonisti e le storie che si incrociano in quella gara consegnata alla storia del calcio. Lui stesso racconta che “per certi versi Italia-Brasile ‘82 ha cambiato, non dico l’Italia, ma diversi suoi aspetti. Ha contribuito, per esempio, al rafforzamento dell’identità nazionale. Si può dire che con quella partita inizi la stagione del made in Italy e che prenda il via il grande boom dell’Italia degli anni Ottanta. Di tutto questo si è parlato sempre tanto, ma io ho cercato di capire come si è arrivati a ciò. Siccome avevo accumulato una quantità di materiale spropositato negli anni, per organizzare tutto mi sono fatto guidare dallo spazio, che mi ha indicato tutti gli elementi di cui volevo parlare (il campo, il pallone, i cartelloni pubblicitari, i fotografi, le personalità in tribuna) e poi sono andato indietro nel tempo, dove ogni storia è cominciata. Ciò mi ha permesso di avere tanti inizi che cominciano in parallelo e che a un certo punto si avvicinano, si sovrappongono, che arrivano alla partita e poi esplodono. Se racconto la P2, per esempio, non è per parlare dello scandalo, ma per spiegare alcuni elementi di quella giornata e di quella Italia”. Quella partita e quei mondiali sono davvero un romanzo e raccontano un Paese fragile, stordito dagli anni bui del terrorismo e che si affaccia agli anni Ottanta, gli anni dell’illusione economica ma quella meravigliosa serata del luglio di quarant’anni fa resta per sempre indimenticabile.

di Andrea Covotta