Quel “peccato” che blocca Forza Italia 

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In vista del voto per le Europee cresce l’attenzione sull’ardua navigazione di Forza Italia nel mirino di un cannibalismo politico, o meglio, di un neo-trasformismo, per la “invadenza” di Salvini e la “supponenza” della Meloni.
L’ accerchiamento non è di oggi, risale a prima del voto del 4 marzo, da quando Salvini già “inciuci ava” con i Cinquestelle e Fratelli d’Italia cominciava a snobbare il Cavaliere. Il giorno di Pasqua, Anna Maria Bernini, capogruppo al Senato di Fi, in una lettera al “Giornale”, giustamente si è lamentata di questo cosiddetto partito trasversale del “de profundis”, ma ha taciuto sul perché Forza Italia è finita in un guado dopo tanti “cappotti” elettorali. Per capirlo, bisogna partire da lontano , dalla sua fondazione. Berlusconi, tra 1993 e il 1994, fece 4 miracoli: creò un movimento ex novo, lo portò al Governo, che lui stesso poi guidò- e infine bloccò la” gloriosa macchina da guerra” occhettiana delle sinistre, vicinissima alla presa di Palazzo Chigi. Ma non ha mai voluto favorire il “quinto miracolo”, il più decisivo per il futuro, la maturazione della sua creatura, farla camminare da sola, con un serio radicamento territoriale . Tutto si è sempre retto su un patto tra due convenienze: da una parte Berlusconi che, con il suo carisma, portava un’imbarcata di eletti in Parlamento e ne pretendeva in cambio obbedienza cieca e questi che , per “grazia ricevuta”, gliel’accordavano , disimpegnati cosi da ogni cura del “territorio”, che in realtà dava un voto esclusivo e diretto al leader . Fu cosi che tutti vissero felici e contenti. Appena però Berlusconi, per le note vicende giudiziarie, dovette interessarsi più dei “servizi sociali” che di politica , nella tormentata “vacatio” , si sono creati numerosi antagonismi . All’interno, per fatali “faide rosa”, le più pericolose, e, all’esterno per le crescenti ambizioni degli alleati . Spinti a guardare oltre . Il “peccato originale” di Berlusconi è stato nel non aprire Forza Italia a più apporti, a una competizione a tutto campo, a non averla liberato da “lacci e lacciuoli” centralisti, dando spazio alla base , naturale vivaio di una nuova classe dirigente . Ma si è affidato a reggenze provvisorie e bisbetiche. Che hanno creato un clima di sospetti, di sfiducia e operato più di qualche emarginazione: il “resto di niente”. Anzi ai disinteressati suggerimenti di un cambiamento , si è risposto con cicliche riorganizzazioni di facciata, che hanno lasciato il vecchio rigido assetto piramidale. Con un sovrano, senza più il carisma elettorale trascinante di un tempo e una nomenclatura logora: inevitabili lo scollamento del partito e quel vuoto sul piano umano, che, un tempo, ne fu la “forza auto propulsiva” vincente . Ciò emerge forte in tutte le dichiarazioni di coloro che hanno lasciato Forza Italia o si accingerebbero a farlo nel segno di un amarissimo rammarico personale nel non poter più parlare, confidarsi e incontrare Silvio . Anche se cercano di giustificare gli ingrati abbandoni con qualche nobile motivazione politica . In conclusione: la stessa discesa in campo di Berlusconi alle Europee- non escludendo che potrebbe anche neutralizzare gli smottamenti temuti, a favore dei suoi irriconoscenti alleati- ricalca comunque ancora la vecchia logica del “leader salva tutti”. Che non regge più. Mentre varrebbe e tanto un “partito aperto a tutti” e senza cooptazione dall’alto. Più di qualcuno in passato, guardando molto lontano, coniò lo slogan: “Lealtà al premier” e “fedeltà al territorio”. Ma il Cavaliere non se n’è dato mai per inteso.

di Aldo De Francesco