La posizione dei Comitati No triv dopo l’esito del referendum:
"13.334.754 SI non sono sufficienti, ai fini giuridici, per abrogare la legge sottoposta alla consultazione referendaria di domenica. Bastano, però, ad affermare la volontà di una parte tutt’altro che trascurabile e minoritaria del Paese.
Nel poco tempo a disposizione concessoci dalla scure antidemocratica del governo, il risultato raggiunto nei territori dove persiste la presenza di comitati no triv ci consente di aprire una riflessione valida sia per la nostra regione sia per tutto il territorio nazionale.
La capacità di mobilitazione dei comitati territoriali si conferma una vera ricchezza in termini organizzativi e propositivi. Essi sono riusciti, partendo dall’opposizione alla petrolizzazione e a una strategia energetica dannosa e anacronistica, ad aprire un dibattito ampio, calato sulle specificità dei territori e in grado di produrre una prospettiva politico-programmatica che rappresenta la vera ricchezza di questa campagna referendaria. In questo processo gravissima è stata l’assenza delle istituzioni regionali, provinciali e locali. Esse, quando non si sono pronunciate espressamente per l’astensione, hanno messo in atto un vero e proprio “patto di desistenza” rispetto alla volontà governativa, abdicando di fatto alla loro funzione di soggetto proponente del referendum.
Indicativo è stato il grande risultato della Basilicata, unica regione a superare il quorum. Questa si conferma il simbolo dello sfruttamento e della devastazione del territorio e dell’ampia e consolidata opposizione di cittadini e comitati alle attività di estrazione petrolifera.
In Campania, dove il governatore De Luca ha prima promosso il referendum per poi definirlo “una palla”, si continua a registrare un calo ormai strutturale della partecipazione al voto. Superiore alla media regionale le percentuali delle provincie di Avellino e Salerno. Anche qui, fatte salve alcune eccezioni, gran parte del lavoro è stato fatto da comitati, associazioni e poche forze politiche. In queste settimane di lavoro intenso siamo riusciti, nonostante tutto, a sottoporre al dibattito pubblico le ragioni della contrarietà a una politica fossile e la necessità di un piano energetico costruito intorno ai bisogni dei cittadini.
In questo quadro, il voto di domenica costituisce uno straordinario punto di partenza per rilanciare la discussione su una strategia energetica ed economica costruita dal basso, contro gli interessi rampanti di affaristi e speculatori.
Per questi motivi chiediamo, ancora una volta, alle istituzioni regionali di adoperarsi per bloccare da subito i permessi petroliferi presenti in Campania, colmare la mancanza di un Piano Energetico Regionale; tutelare le ricchezze naturali attraverso vincoli ambientali e paesaggistici; dare attuazione al Piano Territoriale Regionale che disegna un futuro diverso per questo territorio.
Ma intanto non staremo ad aspettare. La campagna referendaria, come del resto tutto il percorso di mobilitazione che la precedeva, sono state un momento costituente che ha unito comitati, coordinamenti, associazionismo, società civile in un fronte comune contro scellerate politiche di sfruttamento. Stiamo mettendo messo insieme un prezioso patrimonio di esperienze e di competenze, stiamo costruendo un rapporto diretto, sincero ed autentico con la nostra gente ed il nostro territorio, che ci permettono di cominciare a ridisegnare dal basso il destino di questi luoghi, di costruire piani e proposte concrete con cui andremo a sfidare le istituzioni locali e regionali e l’incompetente classe dirigente che le occupa.