Religione come dialogo aperto

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La manifestazione del Family Day, al Circo Massimo di Roma, a parte le finalità ben note, ha una sua particolare novità: è stata una grande manifestazione popolare autofinanziata e non promossa ufficialmente dal Vaticano o dai Vescovi delle Chiese locali. Subito una domanda: è arrivato il momento, sempre auspicato, che i cattolici italiani si mobilitano autonomamente, da cristiani adulti, per far sentire la loro voce e avanzare concrete proposte – affrancati dal vecchio e anacronistico spirito di crociata – a fronte delle grandi questioni civili e sociali più dibattute all’interno della comunità nazionale? Più esattamente, lontani dalla logica dell’antipolitica e del disimpegno, nel laicato cattolico italiano, è maturato il senso della «corresponsabilità » per ricostruire il tessuto sociale e politico del Paese, dopo i naufragi di Todi e i mille altri appuntamenti che pur hanno animato e contrassegnato il dibattito culturale e politico italiano dell’ultimo decennio? In concreto, si ravvisa il superamento della sindrome della «irrilevanza» per uscire in campo aperto per delineare non solo la coerenza con i propri principi identitari, ma per proporre e sostenere le ragioni e le prospettive progettuali del bene comune. In sostanza, la variegata e consistente democrazia associativa presente nel nostro Paese, lungi dal non riconoscere fondamentale la democrazia rappresentativa, pare avvertire la «pienezza dei tempi» per attivare percorsi di cittadinanza attiva e responsabile da tempo declinati, ma solo attualmente – almeno questa è la sensazione – in fase di attuazione. Oggi, alla luce di quanto sta avvenendo nel Parlamento e nel Paese reale, ci vuole una offerta politica nuova in grado di riportare i cittadini all’impegno civile e politico sulle grandi questioni prioritarie del lavoro, della povertà, della immigrazione, della corruzione diffusa, della centralità della famiglia che va non sovraccaricata da orpelli ideologici o pseudoconfessionali, superati dalla stessa Chiesa Cattolica di Papa Francesco. La miopia dei nostri rappresentanti istituzionali non può aver raggiunto un grado di deficit visivo, culturale e politico, tale da non accorgersi che la tremenda crisi ancora presente nel nostro Paese, non ha raggiunto ancora la fase effusiva, dal punto di vista sociale, perché la famiglia tradizionale ha svolto un prezioso compito di unico e concreto ammortizzatore sociale. La prospettiva che i cattolici italiani hanno davanti è il passaggio dall’irrilevanza al protagonismo nel costruire nel Paese, nella famiglia, nella scuola, nel mondo produttivo e imprenditoriale, nella politica, in ogni ambito relazionale del tessuto comunitario, le condizioni concrete per il bene comune. I cattolici non debbono temere di avanzare le stesse proposte di Grillo: tagliare i fondi ai partiti, abbassare il numero dei parlamentari, il reddito di cittadinanza; i cattolici si devono distinguere anche per il modo – pacato e deciso – con cui vengono chieste le riforme: i toni e la compostezza organizzativa del Family Day hanno dimostrato che il percorso è credibile. È un monito operativo anche ai politici cattolici, sul piano dei contenuti, operando permanentemente in coerenza con la Costituzione (nel caso specifico delle unioni civili con gli articoli 38- 39-40) e sul versante dello stile comportamentale nelle aule parlamentari che spesso diventano degli spazi ludico-circensi deplorevoli. Il contributo dei cattolici – eletti ed elettori – deve essere accompagnato dalla capacità di rivisitare dinamicamente i propri valori fondamentali a cominciare da quello della famiglia, per costruire concretamente un futuro che abbia radici antiche ma frutti sempre nuovi, come il vecchio fusto della vite che, puntualmente sorprende al momento della vendemmia. Per questo è necessario un nuovo equilibrio tra i beni di consumo individuali e i beni comuni pubblici che vanno offerti ad ogni persona con la consapevolezza che saranno il frutto di un’integrazione fattiva ed operosa tra settore pubblico e settore privato, a partire dal privato sociale. Vivere questa trasformazione da cattolici implica l’esercizio convinto e consapevole dei valori e dei principi della Dottrina Sociale della Chiesa: la frontiera del bene comune, l’intreccio virtuoso ed operoso tra solidarietà e sussidiarietà, la responsabilità sociale e civile, la costruzione di un nuovo umanesimo basato sulla dignità, mai commerciabile, della persona e della famiglia, secondo i principi cardine della Costituzione. Tutto ciò visto nella prospettiva di una religione intesa come dialogo aperto ed inclusivo secondo il messaggio profetico e universale lasciatoci dal Cardinale Martini e attualmente incarnato dall’autorevolezza pastorale e rivoluzionaria di Papa Francesco.
edito dal Quotidiano del Sud