Riforma, le capriole di Renzi

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Ammettiamolo, Renzi riesce sempre a stupirci! Quando pensiamo che abbia raggiunto il massimo della sua camaleontica capacità di sostenere con assoluta disinvoltura prima il bianco e subito dopo il nero, alza l’asticella verso nuovi record! La sua più recente perfomance sul referendum è addirittura strabiliante! Perciò, chapeau! Doveva essere – ipse dixit – la madre di tutte le battaglie per mandarlo a casa. A non molte settimane dalla data fatidica, contrordine compagni! Renzi rimarrà premier e la legislatura durerà fino al 2018! Eppure solo qualche mese fa aveva affermato, con la sicumera di chi si sentiva vincitore, che Il referendum rappresentava "lo spartiacque per la governabilità del Paese". E, solennemente, alla Camera: "Io prendo qui l’impegno esplicito: in caso di sconfitta trarremo le conseguenze. E al Senato promise "davanti alle Senatrici e ai Senatori, che nel caso in cui perdessi il referendum, considererei conclusa la mia esperienza politica". Seguito a ruota dalla inadeguata ministra Maria Etruria Boschi, autrice di di boutade come lo 0,6 del pil in più grazie alle riforme e protagonista delle polemiche prima con i partigiani e poi con gli elettori del no, parificati a Casa Pound e additati quasi come traditori della Patria. E via alle bufale sui presunti risparmi, con cifre sparate a caso (500 milioni bugiardamente promessi ai poveri!), nonostante i servizi indipendenti di bilancio delle Camere e la Ragionieria dello Stato abbiano già stimati quelli certi in poco più di una cinquantina di milioni più gli otto-nove per l’abolizione del Cnel!

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Nonostante gli italiani siano abituati alle sue giravolte, stavolta al premier non sarà facile far dimenticare alcune cose. Che il suo governo – senza alcuna legittimazione elettorale – è stato dichiaratamente voluto da Napolitano per le riforme costituzionali. E quindi, in caso di insuccesso, sarà complicato pensare di rimanere al potere, dopo che la ragione "fondante" dell’esecutivo sia venuta meno. Poi il Governo – cosa mai successa prima – ha presentato un suo testo di riforma, impedendo che fosse il Parlamento a ricercare la soluzione più condivisa. Infine, l’approvazione definitiva del provvedimento è avvenuta alla Camera ad opera sostanzialmente della sola maggioranza più i verdiniani. Con le opposizioni M5S, FI, Lega e sinistra italiana fuori dall’Aula. Senza alcuna condivisione e tradendo lo spirito dei Costituenti, che avevano stabilito quorum e procedure speciali per le modifiche alla Costituzione. Anzi, in un’atmosfera di guerriglia intensificata da ripetuti voti di fiducia!
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Il premier aveva detto urbi et orbi che quella riforma era fondamentale e che si sarebbe dimesso in caso di no al referendum perchè le sorti del Paese sarebbero state in pericolo (seguito dalla solita canea di Goldman Sachs, Jp Morgan e di altri corvi di Wall Street in cerca, dopo la Grecia, di altre prede!). Ora, con una giravolta spettacolare, ha ammesso che ha sbagliato a personalizzare. E dice che rimarrà comunque in sella! Senza però spiegare perchè abbia cambiato idea. Forse per i sondaggi negativi? Se fosse stata vera la sua fiducia nell’importanza istituzionale e democratica dichiaratamente e solennemente attribuita da lui alla riforma, sarebbe dovuto andare fino in fondo. Anche a rischio della propria sopravvivenza politica. Altrimenti sarebbe un leader solo opportunista e senza alcuna statura. Forse però era solo un misero bluff. Era partito con l’abolizione, poi tramontata, di un Senato a suo dire costoso (e la Camera, che costa il doppio, come mai è rimasta intatta?). E gli interessava solo intestarsi una qualunque riforma. Risultata però un pericoloso pasticcio, proprio per la mancanza di una organica visione delle istituzioni da parte dell’esecutivo e per le manomissioni dovute ai compromessi parlamentari.
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Vedremo che esito avrà la partita del referendum. Una cosa però è certa. Renzie aveva detto, auto-elogiandosi: "Facendo io credo un gesto di coraggio, ma anche di dignità, io ho detto che, se perdo il referendum, non è soltanto che vado a casa, ma smetto di far politica". Poichè si è rimangiato quel gesto alle prime difficoltà, il coraggio e la dignità dove sono andate a finire?

edito dal Quotidiano del Sud