Riforma pasticciata e sbagliata

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I principi che Renzi richiama nel proporre e far approvare leggi di riforma sono, in astratto, quasi sempre validi e condivisibili, salvo a tradursi, nei fatti, in provvedimenti che tradiscono i principi che si dicono voler applicare e perseguono fini che vanno nella direzione opposta. Così per il Jobs Act, per la Buona Scuola, per la riduzione del costo della politica e degli stipendi della P.A. o per l’uscita dei partiti dalla Rai. La riforma costituzionale risponde a questa logica; è pasticciata e tecnicamente sbagliata. Come sostengono 56 illustri costituzionalisti non legati a partiti politici né in cerca di incarichi e va, nei fatti, nella direzione indicata all’Italia dai Poteri forti, dalla politica finanziaria e dalla tecnocrazia europea come dimostrano la nota della J P Morgan del 2013, la lettera della Bce al Governo Berlusconi del.2011, gli inviti a votare sì della Merckel, dell’ambasciatore americano e dello stesso. Non è in pericolo la democrazia come dice Pisapia, ex sindaco di Milano, ma è un altro tipo di democrazia che si vuole instaurare, sempre meno del popolo e più dei mercati. Peccato che molti intellettuali di sinistra e politici di un innato ottimismo, sottovalutino il rischio di possibili governi al servizio delle multinazionali e della politica finanziaria e si sforzino di dimostrare la bontà della riforma ripetendo astratti principi in maniera apodittica, come il superamento del bicameralismo perfetto, la semplificazione legislativa, la diminuzione dei costi della politica, la maggiore stabilità dei governi, i settant’anni senza riforme che, pur senza arrivare alle panzane (ripetute anche ad Avellino) della ineffabile ministro Boschi sui benefici persino della diminuzione delle bollette e di una più efficace lotta all’Isis, sono tutti da dimostrare. Il deputato Famiglietti vi ha riscoperto addirittura la questione meridionale! Le ragioni per votare No sono molte più di otto, anche se la discussione finora è rimasta sugli aspetti generali, propagandistici e superficiale poco sull’analisi del testo. Senza entrare nel metodo adottato per imporre la riforma dal governo ad una maggioranza di nominati dichiarati illegittimi dalla Consulta, e di una personalizzazione voluta e perseguita da Renzi fino a quando gli hanno fatto cambiare la strategia ma non i toni e le polemiche che stanno spaccando il Paese, né il vizio di dire bugie, è utile soffermarsi, in una prima analisi, almeno su alcuni aspetti della riforma che appaiono produrre il maggiore vulnus alla democrazia parlamentare che deriverebbe dall’approvazione di una tale riforma e dalla combinazione con la legge elettorale che porterebbe un cambiamento surrettizio della forma di governo da parlamentare a iper-presidenziale, senza i correttivi che caratterizzano tale forma di governo, in nome dello slogan che la sera delle elezioni si saprà chi ha vinto e guiderà il governo per tutta la legislatura essendo il suo nome, come previsto dall’Italicum, scritto sulla scheda. Il Presidente della Repubblica deve dargli l’incarico senza consultazione. E se cade nel corso del mandato? E veniamo al senato. Quello che viene fuori non è né il senato federale, né quello regionale. E’un pasticcio ibrido; una camera di serie B che, nell’intenzione dei proponenti non dovrebbe disturbare il manovratore e semplificare l’iter legislativo. Costituzionalisti seri, invece, temono il contrario. Il bicameralismo non viene abolito perché il Senato conserva la sua funzione legislativa, anche se in modo pasticciato in diversi modi –alcuni dicono otto- per incidere nella formazione delle leggi). La “scelta” dei senatori da parte dei consigli regionali, con una procedura sibillina e incomprensibile, è affidata ai partiti, in proporzione ai voti ottenuti, mentre, secondo la Corte, il riconoscimento del suffragio popolare diretto rientra nelle garanzie del principio supremo della sovranità popolare di cui all’art. 1. Il senato, anche se non dà la fiducia, esercita collettivamente con l’altra Camera la funzione legislativa piena per le leggi di revisione costituzionale, quelle costituzionali, per i trattati internazionali e le ratifiche delle leggi europee. Su richiesta di un terzo dei suoi componenti può esaminare ogni legge approvata dalla Camera e proporre modifiche, compresa la legge di bilancio; può, a maggioranza assoluta, richiedere alla Camera dei deputati di procedere all’esame di un disegno di legge. Vi paiono poche le sue competenze? Ed in caso di conflitto tra le due Camere i loro Presidenti saranno sempre in grado di dirimerle da soli? E i senatori Sindaci e i consiglieri regionali saranno in grado di assicurare la loro presenza al Senato senza tralasciare la loro primaria attività? Non sono sufficienti questi motivi a votare No anche se ce ne sono molti altri?
edito dal Quotidiano del Sud