Il jazz è “musica da vedere” e non soltanto da ascoltare, perché vedere ciò che avviene durante la performance sul palcoscenico permette di comprenderne meglio gli aspetti strutturali ed emotivi.
Roberto Polillo, analizzando il suo archivio di fotografie dei grandi artisti del jazz degli anni Sessanta e Settanta, si chiede come il fotografo possa rappresentare al meglio i musicisti mentre improvvisano.
L’autore immortala le espressioni di alcuni grandi maestri del genere in concerto e ne narra interessanti aneddoti.
Tra i soggetti ritratti troviamo John Coltrane, Louis Armstrong, Miles Davis, Bill Evans, Keith Jarrett, Thelonious Monk, Earl Hines, Charles Mingus, Max Roach, Elvin Jones, Art Blakey.
Un libro avvincente per ogni appassionato di jazz e di fotografia.
Roberto Polillo, negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta ha fotografato più di un centinaio di concerti per la rivista “Musica Jazz”, realizzando una galleria completa di ritratti dei più noti musicisti dell’epoca.
Le sue fotografie sono state esposte in numerose mostre personali e fiere d’arte, in Italia, Francia, Svizzera e Stati Uniti, e pubblicate su libri, magazine, e copertine di LP e CD. Attualmente si occupa di fotografia di viaggio, esplorando nuovi linguaggi artistici con l’obiettivo di rappresentare il genius loci di città e Paesi lontani. Tra le sue ultime pubblicazioni: Jazz Icons. Sixty Jazz Masters of the ’60s (2019) e Jazz dietro le quinte (2022).
“Per una dozzina d’anni, a partire dal 1962, ho fotografato i principali concerti di jazz, a Milano e dintorni. Ero al seguito di mio padre, Arrigo Polillo, che utilizzava le mie foto per ‘Musica Jazz’, la rivista che aveva fondato assieme a Giancarlo Testoni subito dopo la Seconda guerra mondiale e della quale era stato, per quasi quarant’anni, prima redattore capo e poi direttore responsabile.
Molti di quei concerti erano organizzati proprio da mio padre che, aiutato da un gruppo di amici appassionati di jazz, si occupava di tutto: accoglieva i musicisti all’aeroporto, li accompagnava in albergo e spesso a cena, li presentava agli spettatori in teatro. Si assicurava, insomma, che tutto filasse liscio.”