“Il rischio che tutti corriamo è che tutti i giorni ci sfuggano di mano e si susseguano apparentemente tutti uguali, come il moto ripetitivo delle ruote del carro”. Un pericolo che può essere combattuto solo aguzzando i sensi, attraverso l’osservazione minuziosa della realtà, indossando i panni del rompipalle, “rappresentante di un’intera sottocategoria di Homo Sapiens Sapienza Sapiens che possiede un potere speciale”, così da godere della bellezza nascosta del reale. E’ l’idea da cui muove Angelo Bilotti, classe ’88, irpino doc, nel suo romanzo “Rompere le palle è una cosa seria”, Bookabook edizioni.
“Insomma, ho compreso – scrive Bilotti – un segreto che voglio confidarvi: se si guarda con sufficiente attenzione ogni luogo, ogni giorno, ogni persona, ogni situazione nasconde dei tesori capaci di impreziosire le nostre vite che, alla fine, saranno piene e ricche dell’unica cosa che resta: una bella storia da raccontare”. Un racconto autobiografico, scandito da aneddoti e riflessioni, tra taccuino di viaggio e zibaldone, che parte dalla definizione delle caratteristiche del Rompipalle, così da renderlo immediatamente riconoscibile, dal mistero che lo avvolge fino alla capacità di generare un certo fastidio con il suo comportamento “Questo senso di insofferenza è stato verbalizzato per la prima volta da mio padre che, con mirabile capacità di sintesi, fin da bambino mi aveva affibbiato il soprannome di Suocera”. Senza dimenticare lo sguardo indagatore di qualcuno che sta cercando qualcosa “Anche questa caratteristica mi è valsa da bambino un soprannome, questa volta da parte dei miei fratelli “Chella ca guarda n’terra- Quella che guarda per terra”, corrispondente al numero 6 della smorfia napoletana”.
Un ruolo, quello di rompi palle, strettamente legato alla professione dell’autore “Il mio lavoro consiste sostanzialmente nell’esaminare in ogni dettaglio un capo d’abbigliamento per trovare ogni minimo difetto, nonchè anticipare e risolvere qualsiasi problema che potrebbe sorgere nella produzione, decidendo infine se la merce può partire a quali condizioni”. Quei difetti che, come racconta l’autore, si trovano in maniera inspiegabile sempre nei primi articoli esaminati, per una misteriosa ragione. A prendere forma un diario di bordo in cui l’inaspettato diventa sempre occasione di scoperta. Dal viaggio di lavoro, prolungato di un paio di giorni in Moldavia, così diversa dall’Italia e insieme così accogliente “La Moldavia sembra un posto spento, grigio, ugualmente decadente dovunque ti giri ma mi è bastato avvicinarmi abbastanza per uscire dall’anonima e vaga bruttezza ed essere travolto dalla vera bruttezza, quella che solo la povertà e l’oppressione sa generare; ma anche dalla bellezza sfacciata e assoluta, sempre uguale e perfetta e proprio per questo, in qualche modo, irreale, Ma la cosa che mi porterò nel cuore è la sincere e gioiosa accoglienza, calda come una grappa al miele, propria di chi non ha molto ma non vuole nient’altro. Mi è sembrato di ritrovare le cure amorevoli delle anziane signore di campagna che ricordo da bambino con tutte le loro sfumature: le scialle nei capelli, le ciabatte a fascia ai piedi….”.
Così persino una notte di Halloween trascorsa in treno, luogo perfetto perchè entri in azione il Rompipalle, diventa lo spazio per scoprire un’umanità variegata fatta di giovani eccentrici che cercando disperatamente di socializzare o di fare colpo sulla ragazza di turno, maledettamente soli e fragili nella loro ricerca del divertimento a tutti i costi. Uno sguardo che si sofferma anche sulla terra irpina, a partire dalla città di Ariano, al di là dei pregiudizi, da pipilli, patate e salisicchi alla singolarità del dialetto arianese, dall’uso improprio del gerundio all’uso di ancora in modo predittivo, senza dimenticare la strana parola “voccola” pronunciata per segnalare una scorrettezza. Fino a scoprire che anche la tradizione di chiedere dolci ad Halloween affonda le proprie radici nel Carnevale Carnevalicchio arianese. Dal treno con incontri inaspettati all’universo della Chiesa tra sacerdoti e fedeli misteriosi e bizzarri, dal sacerdote divagatore alla vecchietta che concelebra, ogni momento del quotidiano sembra consegnarci una storia, un ritratto, uno squarcio di vita che ci aiuta a guardarci dentro. A moderare l’incontro con Angelo Bilotti il giornalista Fiore Carullo