Saggese: a 35 anni dalla morte la lezione di Rossi Doria è ancora viva, ci ricorda che il Sud può cambiare

Il confronto promosso al Circolo della stampa da Insieme per Avellino. "Capace di unire il meridionalismo di Dorso e Fortunato. Il sostegno dello Stato si affianchi all'impegno dei meridionali, Ma il divario tra Mezzogiorno e Settentrione è ancora troppo netto"

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“Lo sviluppo sarà possibile se ci sarà un sostegno da parte dello Stato ma soprattutto se i meridionali decideranno di cambiare, poichè il cambiamento è una questione collettiva”. Ne era convinto Manlio Rossi Doria, politico e meridionalista. La sua lezione è stata ricordata questo pomeriggio a 35 anni dalla morte nel corso del confronto promosso da Insieme per Avellino e per l’Irpinia al Circolo della stampa. E’ Paolo Saggese, dirigente scolastico e presidente Centro di documentazione Poesia del Sud a spiegare come “L’unico momento in cui la forbice Nord Sud si è fermata e si è innescata una rivoluzione positiva della società meridionale è stata dal 1955 al 1977 con l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno. Dal 1980 lo Stato nazionale si è disimpegnato, convinto che le condizioni del Sud fossero ormai migliorate, la questione meridionale è scomparsa dall’agenda dei governi e i finanziamenti al Sud sono stati sostituiti da quelli europei con il dirottamento al Nord dei fondi nazionali destinati al Mezzogiorno.  Oggi siamo tornati a una condizione non diversa da quella anteriore al 1950 con la ricchezza media di un cittadino meridionale che è la metà di quella di una cittadino del Nord. A rendere tutto più difficile lo spopolamento. Nel 2065, inoltre, avremo sei milioni in meno di abitanti nel Mezzogiorno, mentre al Nord il calo sarà di appena settecentomila unità, se il Nord reggerà sarà grazie ai giovani meridionali che continueranno ad emigrare e agli immigrati”.

Ricorda  come “Rossi Doria si candidò nel collegio di sant’Angelo dei Lombardi perchè il partito dava per scontato che non ce l’avrebbe fatta. Era un collegio che appariva impossibile. Ma il professore, come lo chiamavano tutti, conosceva bene l’Alta Irpinia sin dal 1928. Discuteva con i contadini alla pari, dava consigli su come coltivare i terreni, su come ottenere i fondi. Era convinto che fosse necessario non perdere tempo, rompere l’isolamento, cancellare il passato, contrastare il disfattismo che ci fa pensare che tutto sia inutile e il clientelismo che accompagnavano il Sud. Era riuscito a conciliare le due scuole del meridionalismo del Novecento, la lezione gramsciana e dorsiana, espressione di un meridionalismo rivoluzionario e quella di Fortunato, espressione di un meridionalismo tecnico, finalizzato a individuare i ritardi strutturali per superarli e ridurre la distanza tra Nord e Sud. Era convinto, da un lato, che fosse necessario un ammodernamento del Sud ma anche che l’assetto socio economico, politico e culturale del Sud dovesse essere scardinato con una rivoluzione delle coscienze e delle gerarchie di potere. Per lui i potentati rappresentavano il maggior freno allo sviluppo.  Spiegava come le colpe dello Stato fossero evidenti ma anche noi meridionali abbiamo colpa di questa situazione. Dorso, ripeteva spesso, aveva indicato la strada ma spettava a noi cambiare il Sud. Quando seppe del terremoto del 1980 volle mettersi in auto e raggiungere Lioni per capire i danni causati dal sisma”.

Un appello a invertire la rotta, a investire sul rilancio delle aree interne arriva anche da Pietro Calabrese della Svimar: “le aree interne sono ancora oggi penalizzate sul fronte servizi e trasporti. Sono le più colpite dell’emergenza spopolamento. Ecco perchè diciamo basta alla logica della sostenibilità economica, c e bisogno di puntare sulla sostenibilità ambientale. Gli ospedali non possono chiudere solo perché hanno un basso numero di utenti, proprio come le scuole. Bisogna dunque dotare le aree interne dei servizi che le rendano appetibili e comprendere che la loro battaglia è un problema nazionale e deve riguardare anche le aree costiere. Bisogna restare uniti”

Michele Ciasullo di Insieme per Avellino punta l’indice contro le responsabilità della classe dirigente e della società civile “che non è riuscita a costruire un modello di vita alternativo a quello capitalista”, pone l’accento sul “fallimento di un processo che doveva condurre al riscatto del Mezzogiorno, a partire dell’esperimento della Cassa per il Sud. Sono mancati leader come Rossi Doria, capace di penetrare nelle viscere del reale, consapevole che tutti i livelli della società sono collegati tra loro. Il fallimento di qualsiasi politica è testimoniato dalla deriva clientelare assistenziale della sfida per lo sviluppo del Sud. Contraddizioni acuite dalla nascita delle Regioni”

Il giornalista Fiore Carullo ricorda l’oblio che ha a lungo accompagnato la figura di Pasquale Stiso, sindaco di Andretta, figura di intellettuale gramsciano, in prima linea nella battaglia per il riscatto dei contadini e degli ultimi contro ogni forma di disuguaglianza  “La sua lezione è ancora fortemente attuale per il rinnovamento del Sud proprio come le idee di uomini come Rocco Scotellaro di cui celebriamo il centenario della nascita”

Il leader socialista Luigi Mainolfi sottolinea la caratura di uomini come Rossi Doria che non piangevano, né accusavano gli altri ma formulavano proposte. “L’ho coosciuto nel 1968. Quando si candidò presento un piano di sviluppo per l’Irpinia.Era consapevole dello scarso potere di contrattazione degli agricoltori, schiacciati da un sistema manipolato dalla camorra. Di qui la necessità da parte della politica di conoscere i fenomeni economici per poter intervenire. Anche la città di Avellino sta pagando il prezzo di scelte senza senso, come quella di abbandonare il centro storico e spostare il popolo sulle colline. Il presente può imparare ancora tanto dalla sua lezione”

A moderare il dibattito Pasquale Luca Nacca che sottolinea come l’impegno dell’associazione Insieme per Avellino non si fermi “Non possiamo stare a guardare mentre l’Irpinia si spopola”

Preziosi gli intermezzi musicali degli allievi dell’istituto Perna Alighieri con gli studenti guidati dal Maestro Octavian Cristea Nichita, al pianoforte Maria Grazia Orefice e Christian Santomauro, all’oboe Carla Romano, Matteo Gregorio Stanescu, Emanuele Valentino, Antonio Forgione.