Salvatore Vullo realizzò il sogno della B. “I tifosi oggi saranno decisivi per la vittoria”

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Percorsi – La rubrica a cura di Monia Gaita

Salvatore Vullo, ex calciatore con 7 stagioni in Serie A, ebbe il merito, da allenatore, di traghettare l’Avellino in Serie B nel campionato 2002-03. Ma il suo legame con la città è più datato avendo militato negli anni ’80 nell’Avellino come calciatore.

Mister Vullo, cosa ricordate della promozione dell’Avellino in Serie B raggiunta nel 2002-03?

Si trattò di un’esperienza bellissima. Fui chiamato come allenatore in una squadra che non era equipaggiata per vincere. Ma avemmo la fortuna e la maestrìa di scavalcare tutti i pronostici sfavorevoli. Anche gli addetti ai lavori non ci accreditavano in maniera positiva. Era il 20 agosto del 2002 quando arrivai ad Avellino, reduce da un’ottima annata a Reggio Emilia. Ricordo ancora le parole del presidente Pasquale Casillo: “Noi ci vogliamo salvare senza arrivare ai play out”. Questo a significare che non si nutriva alcuna aspettativa. L’Avellino alla griglia di partenza era in ultima fascia.

Inizialmente com’era la squadra?

Avevamo una squadra tutta da costruire e tanti ragazzini. Ma lavorando alacremente con il direttore sportivo Salvatore Di Somma, riuscimmo a reperire dei buoni giocatori. C’era Serge Dié che per qualche intemperanza comportamentale nessuno voleva; ma io gli diedi fiducia e lui la ripagò diventando il miglior giocatore di Serie C nel girone d’andata. Poi per vicende personali dovette andare via: subentrarono De Simone e Biancolino. Cercammo quindi, di iniettare unità e compattezza a una squadra affetta da parecchi punti deboli.

Quando percepiste che il sogno della B poteva tradursi in realtà?

Accadde alla 5ª partita quando perdemmo fuori casa con la Fermana 2-0. Il presidente Casillo era furioso e la sua delusione innescò uno scatto d’orgoglio propositivo nei giocatori. Ne scaturì un’incredibile e progressiva accelerata allo spirito e alla qualità del gruppo. Cominciammo a crederci: Molino, giovanissimo e potente, e Pellicori, furbo e tempestivo, in avanti; Morfù e Marra, due estremi agili e grintosi che se la giocavano con chiunque; la visione e la velocità dell’ivoriano Dié; il mediano Cinelli e Cecere in porta che recuperammo brillantemente dopo un periodo di ridotta attività. Noi facemmo la nostra strada. Stavamo migliorando, ma senza coltivare velleità anche perché c’era il Crotone che in 5 partite aveva incassato 15 punti.

Il match col Pescara fu importante

Fu una vittoria esaltante firmata dai gol di Molino e Biancolino (Pescara Avellino 1-2). Il ritorno con i tifosi festanti, ben 5000 in Abruzzo, plasmò il sogno della B con un rinverdito plus di speranza e convinzione.

L’ultima sfida in Calabria col Crotone

Era il maggio 2003 e l’1 a 0 per l’Avellino con gol di Marra, decretò l’ascesa in B. 15.000 i tifosi che ci seguirono allo stadio Ezio Scida. Fu un tripudio. Invasero gli spalti e tornammo con questa giubilante carovana a scorta. In città ci aspettavano al Palazzo della Provincia dove fummo accolti con immenso affetto.

L’Avellino come ha disputato la partita d’andata a Padova?

La squadra si è schierata in campo in maniera perfetta. Braglia è un allenatore che stimo enormemente, uno di robusta esperienza, un coriaceo, abituato a lottare e a mettercela tutta. Uno che ha vinto spesso e che non ha bisogno di consigli. Ha preparato bene il gruppo anche sotto il profilo mentale e caratteriale. È sceso in area con lo spirito di contrastare l’avversario senza risparmio o paura. Sul fronte delle ripartenze, l’Avellino ha messo in difficoltà il Padova. Anche dopo il gol subito non si è sbandato e ha saputo replicare. Qualcuno ha contestato il rigore, ma io ritengo ci fosse: Maniero la gomitata l’ha presa davvero. L’Avellino ha meritato il pareggio e da questo pareggio, oggi, deve costruire la vittoria.

Oggi la gara di ritorno al Partenio-Lombardi

L’Avellino detiene un vantaggio: il pareggio dell’1-1 nella trasferta a Padova è un ottimo risultato. Adesso sono gli altri che devono fare la partita. Non abbiamo nessun gap da colmare. Bisogna ammettere che il Padova è una squadra molto attrezzata, da non sottovalutare, e probabilmente sulla carta, con una marcia in più. Eppure in diversi episodi l’Avellino ha saputo creare intralci sfoderando una buona prestazione. E come loro dicono: “Noi siamo il Padova”, anche noi dobbiamo dire con entusiasmo: “Noi siamo l’Avellino”. Questo nel pieno rispetto di un team cui va tutta la nostra considerazione. Sulla questione degli squalificati, Carriero e Ciancio, l’Avellino dispone di una valida rosa per qualche cambio felice.

Avete conservato dei rapporti con la città?

Vivo a Favara, in provincia di Agrigento, ma Avellino la porto nel cuore. È casa mia come tutta l’Irpinia. Qui ho trascorso anni indimenticabili e conservo ancora tanti amici. Oggi la squadra avrà anche un sostegno in più: i tifosi. Penso davvero che con il presidente D’Agostino, Di Somma, Braglia, lo staff e l’energia dei supporter, l’Avellino possa arrivare lontano.