Salvini, Di Maio e il futuro della Lega

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Salvini vuol fare il presidente del Consiglio e si sta dando da fare per riuscirci già alla prossima scadenza elettorale, magari anticipata, se i risultati delle europee confermeranno il trend di crescita e Di Maio gli lascia fare di fatto, seppur con mugugni e polemiche, il Premier, con un fasullo presidente (Conte) che è solo un addetto alle relazioni esterne e non ha alcun potere di iniziativa. Salvini è il vero leader del governo: riceve il Presidente della Confindustria e degli altri organismi imprenditoriali, rappresenta la media e grande imprenditoria del Nord, detta la linea in politica estera trattando, anche direttamente, con altri capi di Stato e prova di imporre le sue regole all’Europa delegando Conte e Tria che stanno, però, sempre con il telefono in mano. Gli comincia a dare fastidio Di Maio con il quale le polemiche sono diventate giornaliere e toccano tutti i temi ma, convinto che non può sfilarsi dal patto di governo, va avanti ignorandolo.

Dalla sua c’è un terreno fertile, un‘ immensa prateria nella quale può spaziare a suo piacere per l’inesistenza del PD che, imperterrito e incosciente, continua a marciare verso il dissolvimento totale grazie ad un Renzi che continua la sua opera di rottamazione del partito che non riesce più a controllare interamente e ad una sinistra che non ce la fa ad uscire dal suo torpore e a riorganizzarsi. In favore della Lega gioca una perversa legge elettorale, redatta dall’inconsistente Rosato, che doveva servire alla consacrazione definitiva di Matteo Renzi e che potrebbe servire, invece, ad incoronare l’altro Matteo. Se, dopo le elezioni europee, Salvini deciderà di passare alla cassa si potrebbe arrivare, molto verosimilmente, a nuove elezioni nelle quali si confronterebbero i due contendenti, anche se alleati di Governo, con molte possibilità che la Lega di Salvini possa avere la meglio se l’onda lunga del consenso dei sondaggi non si fermerà. La borghesia lo segue e sa titillare la pancia delle folle come faceva Mussolini prima di lui usando, al contrario di Salvini – che non ne ha bisogno – la violenza degli squadristi.    E i punti in contatto con i prodromi del fascismo non si fermano qui. La previsione di uno scenario di questo tipo è verosimile, ma molto più difficile la previsione della durata.

A differenza della prima Repubblica, nella quale i partiti erano più strutturati e radicati nel territorio e le funzioni dei leader (tutti pro tempore, perché eletti periodicamente nelle assise congressuali) non finivano per identificarsi nel Capo e seguirne, di conseguenza, oggi il destino del capo e degli stessi partiti è soggetto all’ umore e all’ adesione delle folle che sono molto più variabili e mutevoli.  Personaggi di grandissimo spessore e di carisma come De Gasperi, Moro, Togliatti, Nenni, Craxi, La Malfa, tanto per citarne alcuni- non si identificavano nei partiti che, quando si facevano da parte, continuavano ad esistere. Con la seconda Repubblica tutto è cambiato, in politica si sta affermando una crescente caducità e autorevolissimi leader come Fini, Di Pietro, Renzi e perfino Berlusconi (con i suoi soldi, le televisioni e un esercizio prolungato del potere) non hanno potuto evitare il decadimento o la fine dei partiti da loro personalizzati. Chi avrebbe mai pensato che ad un’ascesa così forte di un Renzi che, in pochi anni, da sindaco di Firenze ha conquistato la segreteria del PD e la guida del Governo raggiungendo il 41%, sarebbe corrisposta, per una serie di errori dovuti al comando solitario, una caduta così rovinosa portando il partito al 18%?

Cosa succederà della Lega di Salvini? Riuscirà a rimanere al potere per un tempo abbastanza lungo o cadrà, come i precedenti per il mutare dell’umore delle folle? Ma soprattutto la sua azione di governo gioverà al Paese o si dimostrerà – come molto lascia presumere – un fallimento? I dubbi sono molti e non tutti campati in aria anche se m continuano a sottostimare i pericoli che corre la nostra democrazia, continuando a considerarla solida anche quando, per certi versi, non lo è. La filosofia di governo di Salvini – anche se dovesse abbandonare i suoi abituali comportamenti fascistoidi, populistici e autoritari- mal si conciliano con la nostra Costituzione liberal democratica, sentita come propria da milioni di italiani come dimostrano il successo e gli applausi, da ultimo alla Scala di Milano, che riscuote il Presidente Mattarella, che la rappresenta. Certamente in Italia ci sono forze sufficienti ad opporsi al nuovo fascismo della Lega, ma sarebbe meglio agire prima che si facessero ddisaastri!

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud