Sconfiggere la paura del terrorismo

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Il sondaggio di Demos pubblicato una settimana dopo gli attentati di Parigi dimostra che gli italiani si sentono direttamente minacciati dal terrorismo di matrice islamica che ha colpito la capitale francese. Si legge su “Repubblica” che otto italiani su dieci ritengono che l’attacco non riguardi solo la Francia, e uno su due è disposto a cambiare stile di vita per non rischiare di restar vittima di atti terroristici. C’è anche una maggioranza di interpellati che sarebbe favorevole a maggiori controlli alle frontiere del nostro paese, per impedire l’ingresso a malintenzionati. Non si contano quelli che sarebbero disponibili ad accettare limitazioni alle libertà personali in nome della sicurezza. Sarano certamente reazioni emotive, destinate ad attenuarsi man mano che l’impatto delle notizie provenienti da Parigi si sarà attenuato, ma pronte a riaccendersi se ci saranno nuovi attentati, soprattutto in Europa, eventualità da non trascurare visto che proprio il Vecchio Continente sembra ormai nel mirino dei terroristi. Dunque, la paura è sempre in agguato e, come si sa, la paura è una cattiva consigliera. E’ dunque sulla scorta di queste reazioni, e di queste concrete minacce, che bisogna valutare le iniziative del governo italiano dopo i fatti di Parigi. Che si sono indirizzate su due piani: da una parte la risposta alla richiesta francese di “aiuto e assistenza” rivolta a tutti i paesi dell’Unione europea sulla base di un articolo del Trattato di Lisbona mai finora applicato; dall’altra l’elaborazione di un piano di intervento per accrescere la sicurezza interna e per evitare che in Italia si creino situazioni simili a quella del quartiere di Bruxelles – Molenbeek – diventato fucina e centro di reclutamento di islamisti radicali. E, più in generale, per sottrarre soprattutto i giovani alle sirene dell’estremismo. Delle due prospettive è la seconda a marcare una specificità italiana nella lotta al terrorismo. C’è un equilibrio fra le misure annunciate da Matteo Renzi: un investimento complessivo di due miliardi equamente divisi, la metà in sicurezza, la metà in cultura, che vuol dire diritto allo studio, finanziamento ad associazioni culturali anche attraverso il sistema del due per mille, ma soprattutto interventi per il miglioramento delle periferie e per finanziare con 500 euro a testa i consumi culturali dei giovani che compiranno i 18 anni nei prossimi 12 mesi (circa 550 mila). L’obiettivo di fondo è “sconfiggere la paura ma anche ricordarci chi siamo”: investire sulla nostra identità nazionale ed europea, alimentare un umanesimo costruttivo contro le pulsioni nichiliste che scatenano la violenza. E’ significativo che Matteo Renzi, dopo l’incontro con Hollande all’Eliseo (pare che il presidente francese sia rimasto deluso dalle offerte italiane di collaborazione sul piano militare) abbia scelto di andare alla Sorbona per incontrare gli studenti e ripetere loro quanto aveva detto a Roma: contro il terrore bisogna vincere la paura, rafforzare la sicurezza ma anche investire in cultura, con annessa citazione di Sartre: “La cultura non si difende, si fa”. Ora, c’è senza dubbio una componente di retorica in questo come in altri progetti annunciati dal presidente del Consiglio, e la retorica, del resto, fa parte del suo dna politico e comunicativo; eppure l’idea di offrire un’opportunità a giovani che si affacciano alla maturità della vita non è sbagliata. E’ un invito ad assumersi una responsabilità, e se l’occasione è data dalla reazione ad un gesto sanguinoso che ha suscitato i timori di cui abbiamo detto, il suo valore è ancora più elevato. Si tratta, come ha detto il Presidente della Repubblica Mattarella nel suo discorso al parlamento di Strasburgo, di costruire “un argine politico contro l’oscurantismo”, compito nel quale tutti devono sentirsi coinvolti e forse, più dei politici proprio i giovani, che sono invece a volte le reclute più a portata di mano dei terroristi. Anche questa è una lezione che ci viene da Parigi.