Tra nani e giganti, lo sguardo di Giordano: da Leopardi a Marciano Di Leo, quel legame tra grandi classici e autori minori

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“Accade, talvolta, che i giganti si servano dei nani o che siano loro a diventare giganti. Esiste una rete di influenze tra autori classici e minori che investe tutta la letteratura. Di qui l’idea di fare chiarezza su queste relazioni”. E’ il senso del volume di Mario Gabriele Giordano e Giuseppina Scognamiglio “Fuori l’autore. Tra nani e giganti”, La Valle del Tempo, presentato questo pomeriggio al Circolo della stampa. A confrontarsi con Giordano l’editore Mario Rovinello e il critico Paolo Speranza.

“Nel volume emerge con forza – spiega Giordano, storico fondatore della rivista Riscontri – come molti grandi autori della storia letteraria si siano ispirati a poeti e scrittori minori, abbiano attinto da loro temi e materiali. Penso, innanzitutto, al Leopardi della Ginestra, i suoi versi richiamano con forza le immagini di un poeta irpino Marciano Di Leo ne ‘Il Vesuvio nell’ultima eruzione degli 8 agosto 1779’. Nel poemetto del Di Leo ci troviamo di fronte alla descrizione di una violentissima eruzione del Vesuvio a cui l’autore ebbe modo di assistere dalla riva di Mergellina. Il canto, come dimostra la dedicatoria al Principe di Torella datata Napoli 26 agosto 1779, fu composto nei giorni successivi all’eruzione e si impose subito all’attenzione degli studiosi. Al di là della dignità letteraria, quel che è certo è che si risolve anche in un ricchissimo repertorio di elementi descrittivi riguardanti il Vesuvio, la sua natura e i terribili effetti della sua azione, perchè su questo terreno si realizza l’incontro con ‘La ginestra’. E’ chiaro naturalmente che si tratta di echi legati alle immagini ma che il pensiero e l’idea che caratterizzano ‘La ginestra’ sono specificamente leopardiane”

Spiega come “Si tratta di un’ipotesi a cui lavoro da tempo, ormai accettata anche dai grandi studiosi del Leopardi come Antonio Prete”. Ricorda come  “Il Vesuvio non fu un semplice elemento del paesaggio partenopeo per Leopardi ma la sua potenza distruttiva dovette colpirlo al punto da farne ne ‘La Ginestra’ la vetta del suo pensiero poetico. La percezione della pericolosità del vulcano si accentuò quando si trovò ad osservarne, con maggiore frequenza, l’aspra natura  e la sua imponenza in occasione dei suoi trasferimenti a Villa Ferrigni. Un riferimento al Vesuvio compare, ad esempio, in una lettera del 25 aprile 1835 al padre in cui parla di una terribile esplosione, in relazione a un evento che non dovette presentare nulla di eccezionale, dal momento che non risulta registrato nessun fenomeno di rilievo scientifico nell’attività del Vesuvio nel 1835. Tuttavia, quella ‘violenta esplosione’ indusse il poeta a guardare al Vesuvio con altri occhi, agì sulla sua immaginazione come una prefigurazione della potenza ditruttiva del Vulcano. Quello che mancava era la diretta esperienza di una manifestazione eccezionale della presenza distruttiva del Vulcano. Quello che accadde, mediato dalla conoscenza dell’opera di Di Leo”

A caratterizzare il volume anche altri esempi di relazioni tra grandi autori e scrittori minori, a partire dal rapporto che è possibile individuare tra ‘Il Giorno’ e ‘La livella’ di Totò o ancora tra ‘La lupa’ di Verga e “Bocca di rosa’ di De Andrè

Rovinello spiega come questo studio nasca dalla consapevolezza dell’importanza di non smettere mai di ricercare nuovi significati e nuove strade interpretative e dall’importanza di avvicinare i giovani alla letteratura, cercando di stabilire un ponte tra classici e contemporanei.
E’ quindi Speranza a sottolineare come il lavoro di Giordano si inquadri in quella tradizione di critica letteraria irpina che parte da De Sanctis per arrivare a Carlo Muscetta, Dante Della Terza e Gennaro Savarese anche se Giordano si schernisce “Studi come questo nascono solo dalla passione per la letteratura”. Per ribadire come le ipotesi che attraversano il volume, sia nei saggi di Giordano che in quelli di Scognamiglio siano basate su un forte rigore filologico.

Giordano ricorda come il Mezzogiorno sia stato spesso trascurato anche sul piano letterario “Sconta un’emarginazione che è sia economica che culturale. Tuttavia, Quasimodo, nel recarsi a Milano, sottolineò con orgoglio di essere sceso nella città lombarda e non salito a ribadire la superiorità della cultura meridionale”. E sulla necessità di continuare a esplorare e rileggere la storia letteraria “Molte riletture e analisi sono frutto di un determinato contesto, penso a Cesare Pavese, rivalutato nel momento in cui era stato oggetto di un’interpretazione marxista ma di nuovo messo da parte quando a prevalere è stata la sua lettura come artista decadente. E’ chiaro che la scuola ha un ruolo importantissimo nell’avvicinare le nuove generazioni  alla letteratura, anche facendo conoscere i minori, che sono parte integrante del contesto storico-culturale o facendo emergere le relazioni tra grandi scrittori e autori minori”