Corriere dell'Irpinia

Se la legge di bilancio è un gioco

Una legge di bilancio trasformata in un grande gioco pieno di numeri e cifre conosciuti solo da pochi eletti ( i tecnici del ministero dell’economia) ed ignoti a chi la manovra doveva votarla: il Parlamento.  Ai senatori è stato chiesto di votare solo all’ultimo minuto utile. Mai avrebbero fatto in tempo a leggere il testo prima di esprimere un consenso favorevole o contrario. E adesso inizia la maratona parlamentare della Camera con voto finale il prossimo 29 dicembre. E allora nell’era del governo del cambiamento la novità è un Parlamento trasformato in uno stadio con cori da curva. Forse è per questo che in manovra l’esecutivo giallo-verde ha inserito una norma dal sapore calcistico. Col 2018 infatti diciamo addio alla schedina, ultimo prodotto romantico di un calcio che non c’è più. Nell’album dei ricordi resta la voce e il volto di Paolo Valenti che a Novantesimo minuto legge la colonna vincente della schedina come ogni domenica. Un rito laico atteso con ansia da milioni di italiani. Il sogno che può diventare realtà, grazie ad un numero magico: il tredici. L’obiettivo è indovinare i risultati delle partite inserite nella schedina. se vince la squadra di casa il segno 1, quella ospite 2 oppure se la partita termina in pareggio X. L’idea nasce nell’Italia del dopoguerra.  Scommettere sulla passione e la vita può improvvisamente cambiare. Si chiamava Sisal nel 1946.  La schedina è un successo immediato e trasforma un paese povero ma pieno di speranza in un grande parco giochi.  Due anni dopo la Sisal viene ribattezzata, con la gestione diretta del Coni, Totocalcio. Il Presidente della Repubblica di allora Luigi Einaudi la nazionalizza con un decreto. La giocata minima costa 30 lire, il prezzo di un Vermouth come recita lo slogan pubblicitario dell’epoca. La fiera delle illusioni serve alle Casse dello Stato e con quei soldi si tiene in piedi tutto lo sport italiano. La schedina cambia le abitudini degli italiani. Il paese non più agricolo ma industriale, il paese del boom economico.  La mitica schedina oggi è fuori moda, sostituita dalle scommesse che nell’epoca della velocità, del tutto e subito sono il simbolo perfetto di questi tempi come un campionato frammentato ridotto ad uno spezzatino. La magia del calcio resta ma il sogno svanisce. Una trasformazione che lo stesso Pasolini con dolcezza e poesia ha letto prima di altri come la scomparsa delle lucciole.  La fine che segna l’avvento della società dei consumi. Prologo dell’Italia di oggi dove il tempo per le illusioni non c’è quasi più e ha lasciato posto alla velocità del tutto e subito tipico dei social network che contraddistingue l’attuale mondo globalizzato di un presente senza memoria. Il costituzionalista Michele Ainis sostiene che “per mantenere le promesse bisogna avere buona memoria come diceva Nietzsche. Ma la memoria è altrettanto essenziale per farle mantenere, le promesse. Le parole però oggi non hanno più valore nella pioggia quotidiana di tweet e di like, si sono trasformate in un vocio confuso, in un suono disarticolato. Sarà per questo che l’inganno è così in auge, tanto nessuno paga pegno. O forse sarà perché gli italiani hanno perso la memoria e loro, i politici, lo sanno”. E allora la schedina cancellata diventa la metafora di valori perduti.  Si sta svilendo in modo inglorioso il ruolo del Parlamento. Nella legge di bilancio si può  giocare casualmente con numeri e parole. E che tutto sia un gioco lo dimostra Salvini quando dichiara che “la versione della manovra non cambierà più, l’accendiamo come dicono al Grande Fratello” e pazienza se quella frase la dice Jerry Scotti a Chi vuol esser Milionario, tanto tutto è un gioco.

di Andrea Covotta edito dal Quotidiano del Sud

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