Sono tornati sulla scena i protagonisti di stagioni politiche mai realmente andate in archivio. Se negli ultimi mesi gli attori principali sono stati Conte, Di Maio e Salvini adesso sono tornati di moda Renzi e Berlusconi. Il primo recita la parte di chi non accetta gli “ordini” del premier e minaccia la crisi se non viene ritirata la struttura della task force, il secondo gioca il doppio ruolo di partner del centrodestra e di sponda dialogante dell’opposizione. Non proprio una sorpresa visto che il rapporto con Berlusconi viene coltivato dai dirigenti del centrosinistra a partire dalla metà degli anni novanta quando il “Cavaliere” era da poco comparso sulla scena politica. Erano i tempi del tentativo poi naufragato di un governo delle riforme presieduto dall’irpino Antonio Maccanico. Nel ’96 è la commissione bicamerale per le riforme guidata da Massimo D’Alema a coinvolgere Berlusconi per cambiare le Istituzioni, anche questa volta, dopo un positivo confronto iniziale, tutto finì con una rottura. I rapporti a volte conflittuali e a volte dialoganti proseguono anche negli anni successivi fino a sfociare nei due governi che vedono la partecipazione in maggioranza sia del PD che di Forza Italia: nel 2011 l’esecutivo di Mario Monti e nel 2013 quello di Enrico Letta. Due governi nati per cause diverse, il primo sull’onda dell’emergenza economica, il secondo a causa di un risultato elettorale senza vincitori. Subito dopo è la volta del “patto del Nazareno” siglato da Renzi e Berlusconi sempre per le riforme. Il patto si rompe poco dopo quando a febbraio del 2015, Forza Italia non vota Mattarella, proposto dal PD, alla Presidenza della Repubblica. Il filo di quella tela mai strappata si è ripreso a tesserlo adesso, il dialogo tra diversi in politica è assolutamente fisiologico ed è stato una caratteristica anche della Prima Repubblica, democristiani e comunisti sono stati i grandi protagonisti dell’Assemblea Costituente e hanno collaborato, da posizioni diverse, allo sviluppo del nostro Paese. Nessuna meraviglia dunque per l’eterno ritorno del “Cavaliere”. Il grande affabulatore come è stato più volte definito ha riconquistato la scena, ma la sua Forza Italia è in mezzo al guado e oscilla tra la voglia di trattare con il premier e una volontà di non tradire l’intesa siglata con Salvini. Un quadro non facile da ricomporre in vista delle prossime mosse e il terreno sul quale si cammina resta fragile, inoltre come sempre quando c’è di mezzo Berlusconi, gli affari dell’azienda si intersecano con quelli della politica. E così anche stavolta la cosidetta norma salva Mediaset consente al gruppo italiano di trattare da posizione di forza con i francesi di Vivendi mentre il dialogo politico non tocca solo il governo ma la partita più importante del Quirinale che si gioca agli inizi del 2022. Una maggioranza con numeri risicati al Senato ha bisogno di allargare il proprio perimetro se vuole eleggere un suo candidato al Colle e l’interlocuzione con Forza Italia ma anche con Lega e Fratelli d’Italia sarà inevitabile. In questo quadro è difficile delineare con certezza le prossime mosse e quello che potrebbe accadere, nell’attesa Berlusconi si trova a suo agio nella parte del corteggiato ma non è nella sua natura fare il comprimario, è troppo abituato ad essere protagonista. Sia Renzi che Berlusconi sono abituati a fare politica e hanno entrambi un’abilità per restare a galla e sfruttare la mobilità di chi occupa una posizione di centro nello scacchiere parlamentare, il “centro” lasciato incustodito che come ha scritto Marco Damilano non è una posizione geometrica, ma la posizione che si conquistano i leader capaci nelle fasi storiche decisive a parlare a nome del Paese nelle istituzioni.
di Andrea Covotta